“Sono arrivata alla conclusione che Grazia Deledda è una scrittrice del mondo come Leone Tolstoj: lei ha la grandissima statura dell’autore russo, la regione di appartenenza non la imprigiona”. A 92 anni Cecilia Mangini ha la lucidità di una ragazzina quando racconta, davanti a un pubblico di esperti letterati, le emozioni racchiuse nel docu-film “Grazia Deledda, parole e colori” scritto a quattro mani con il regista Paolo Pisanelli. Un lavoro voluto e interamente prodotto dall’Isre, l’Istituto etnografico sardo, nato lo scorso anno da un’idea dell’allora presidente Giuseppe Pirisi.

I primi 12 minuti del progetto filmico, che sarà terminato a fine anno, hanno chiuso il convegno della rassegna “Il Nobel incontra i Nobel”, quest’anno dedicato al rapporto tra la Deledda e il romanziere turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, 80 anni dopo la scrittrice nuorese. “Io e le donne degli anni ’30 – ha esordito dal palco la più grande documentarista italiana in attività – dobbiamo tanto a Grazia Deledda, che con i suoi romanzi ha superato i confini territoriali per diventare un’autrice internazionale. Ci ha permesso di prendere consapevolezza delle nostre capacità e ad avere coraggio, spero che lei da qualche parte possa sentire le mie parole”.

“In questo lavoro – ha aggiunto Pisanelli – abbiamo messo a fuoco parole e colori perché sembra che Grazia Deledda dipinga. Siamo stati guidati dalle immagini, forti, pertinenti, di Nuoro, della Sardegna, che rendono le sensazioni del territorio”. Un viaggio attraverso lo sguardo della scrittrice nuorese per raccontare la sua città natale. Tutto incentrato sull’incontro-riflessione tra due ‘monumenti’ della cultura italiana del Novecento, il premio Nobel Deledda e la prima documentarista del dopoguerra.