Dieci anni fa Telecom France era diventata l’azienda simbolo della sofferenza sul posto di lavoro. Giovedì 19 dicembre l’Amministratore Delegato è stato condannato ad 1 anno e 8 mesi per “mobbing morale e istituzionale”. Pena che dovrà scontare con un anno in carcere e 8 mesi di condizionale.

Secondo la sentenza, dai vertici del gruppo si diffuse un clima nocivo di molestie “morali e istituzionali”. Ricordando L’ azienda tra il 2007 e il 2010 attuó una politica di drastica riduzione del personale e in quegli anni in tanti persero tutto ciò che avevano. Tanti dipendenti uscirono da quella vicenda con le ossa rotte; c’è chi perse la propria abitazione, chi  addirittura la propria  vita.

Si, perché furono addirittura 19 i suicidi. Furono inoltre tantissimi i casi di depressione e malattie. Eventi avvenuti in un clima lavorativo pesantissimo che ha provocato   tantissime situazioni di burn-out tra i dipendenti. Tra le famiglie delle vittime di questa vicenda anche quella di Remy Louvraudox. Un dipendente che si diede fuoco nei parcheggi dell’azienda. La moglie e la figlia, intervistate dopo la sentenza dicono: “I tanti altri Didier Lombard (l’Amministratore condannato insieme ad altri due dirigenti) delle aziende pubbliche o private devono sapere che continuando ad attuare politiche manageriali di questo genere, porteranno la gente al suicidio, alla malattia, alla depressione… e loro saranno condotti tutti, tutti quanti, in tribunale e condannati”.
La figlia dice: “Hanno ucciso mio padre, la mia vita familiare. Ci hanno rubato la vita, era lì con noi soltanto  fisicamente”. Poi continua: “…ti dirò chi era mio padre… Era un uomo socievole, simpatico, aperto, intelligente ed educato. A poco a poco ha distrutto tutti i legami sociali”. Prosegue ancora Noémie: “i suoi viaggi con la mente si allungavano sempre piu , noi non lo riconoscevamo più”.

La salute di Rémy Louvradoux si  deteriorava giorno dopo giorno: perdita di peso, embolia polmonare, disturbi muscoloscheletrici, insonnia, affaticamento cronico. Nuotatore e ciclista, questo grande sportivo rinuncia alle sue attività. “L’ hanno completamente  distrutto”, ricorda Noémie.

Parole dure che più che mai, oggi, ci fanno venire in mente la situazione di quei ragazzi che lavorano in Aias e in Fondazione Randazzo. Ragazzi fantastici che continuano a prestare il loro servizio nonostante la tempesta che si è abbattuta sugli amministratori di quelle aziende. Amministratori dai quali, in particolare perché  appartenenti al mondo del “no profit”, ti aspetteresti qualcosa di diverso.

Amministratori che dall’esterno ci aspetteremmo di inquadrare come molto vicini al mondo dei più deboli. Insomma, un atteggiamento morale diverso. Amministratori che invece con estrema nonchalance  parlano di esuberi di personale e ristrutturazioni aziendali come se stessero parlando del più o del meno. Certo, per ora solo parole. Parole che però,  se dovessero trasformarsi in fatti, rischieranno di generare altri Remy Louvraudox.

Parole che se dovessero trasformarsi in fatti  porteranno sulla strada decine di lavoratori che non potranno più mantenere le proprie famiglie. Pagando un prezzo durissimo. Tutto ciò per colpa di chi e di cosa? Per colpa di chi ha creato quel  debito. Debito certificato dalla stessa azienda in 83 milioni di euro. Per colpa anche di coloro che lo hanno permesso senza muovere un dito. Perché erano almeno un paio d’anni, da quanto si apprende dai giornali, che i lavoratori continuavano a licenziarsi per giusta causa.

Possibile che né i  Giudici del lavoro né una buona parte dei politici, capissero la serietà della situazione? Non era possibile fermare prima tutto questo? Era per forza necessario arrivare a 83 milioni di debito?

Si potrebbe dire sempre:  “meglio tardi che mai”. Si potrebbe, certo. Sempre a patto che da domani questi  politici e questi tribunali prendano con determinazione la strada giusta  non permettendo mai più, a  chi ha gestito in questo modo approssimativo il denaro  della comunità  (si dice decine di milioni all’anno), di far ricadere i propri errori sui propri dipendenti! Questa speranza, signori politici e signori magistrati, deve diventare una certezza per salvaguardare tutti quei ragazzi e per salvaguardare le loro famiglie.

In Francia e in Germania si è deciso da qualche anno di usare il braccio di ferro contro quelle aziende private o pubbliche e contro quegli amministratori  che “maciullano” la vita dei propri dipendenti. Finiamo con una speranza che ci viene da ciò che ha fatto l’Amministratore Delegato, Maurizio Melfa (insignito, la settimana scorsa, del premio nazionale “Adriano Olivetti, quale esempio di produttività imprenditoriale e solidarietà sociale”). Un’azienda virtuosa, quella che dirige, sotto tutti gli aspetti. Un’azienda che non lavora con soldi pubblici ed affronta un reale rischio di impresa. Il dott. Melfa, per il secondo anno consecutivo, ha premiato i 30 dipendenti della Meic Services Spa di Gela. Nel farlo ha voluto evidenziare che:  “un dipendente felice è un dipendente motivato e produttivo”. “Perciò se ci sono utili – ha aggiunto – è giusto che ci siano per tutti”. *”Spero che il nostro esempio possa essere d’ispirazione per altri onesti e bravi imprenditori”* .

La gratifica media per ciascun lavoratore è di 6.700 euro, riparametrati secondo taluni criteri di valutazione e il livello di inquadramento.
Un esempio di giustizia e condivisione dal quale dovrebbero prendere esempio tutti gli imprenditori… compresi i dirigenti dell’Aias lontanissimi evidentemente dal pensare come il Melfa che……”Un dipendente felice è un dipendente motivato e produttivo”.

Buone vacanze e buone feste, per quanto sia possibile, ai lavoratori e lavoratrici Aias e di Fondazione Randazzo.