“Il continuo rinvio delle elezioni provinciali e le conseguenti proroghe dei commissariamenti delle province, violano i principi di democraticità della Costituzione” e il commissariamento di lungo periodo, “di fatto sine die”, colpisce gli enti provinciali svuotandone l’autonomia e la rappresentatività. Non solo. La previsione dell’elezione diretta dei consigli e presidenti provinciali cozza con la cosiddetta legge Delrio, che ha introdotto l’elezione di secondo grado degli organi provinciali e “le cui disposizioni, ai sensi della giurisprudenza costituzionale, valgono come principi di grande riforma economica e sociale”.

Sono queste le motivazioni che hanno portato il Consiglio dei Ministri a impugnare la legge 18 della Regione Sardegna, approvata dal Consiglio regionale lo scorso 23 ottobre. Secondo il Cdm, la normativa “contiene una previsione (articolo 1) che eccede dalle competenze legislative attribuite alla Regione dall’articolo 3, primo comma, lettera b) dello statuto speciale per la Sardegna, che attribuisce competenza esclusiva alla Regione in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, e presenta diversi profili di illegittimità costituzionale”.

Spostando le elezioni degli enti provinciali a luglio 2020 “la Regione – si legge nelle motivazioni della decisione – ha ulteriormente differito l’operatività delle disposizioni della Legge regionale n. 2 del 2016 che prevedeva la disciplina degli ‘organi delle province e la loro composizione quali organi elettivi di secondo grado'”. Inoltre il Governo stigmatizza i diversi rinvii delle elezioni di secondo grado dopo i referendum del maggio 2013, ricordando le cinque leggi regionali (n. 15 del 2013, n. 7 del 2015, n. 2 dei 2016, n. 5 del 2018 e n. 39 del 2018) che hanno fatto slittare il termine per il voto.