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“Fare tamponi solo alle persone sintomatiche è l’opposto di quello che dovrebbe essere fatto. E’ fondamentale per bloccare la diffusione del virus, identificare il più precocemente possibile il più alto numero di soggetti asintomatici che sono fonte della malattia.

Le politiche di contenimento devono essere riviste”. Lo scrive ai vertici della Sanità della Toscana il professore di Immunologia dell’ Università di Firenze Sergio Romagnani in base allo studio sui 3 mila abitanti di Vò Euganeo da cui risulta che il 50-75% degli infetti è asintomatico.

L’immunologo spiega che i dati forniti dallo studio effettuato su tutti gli abitanti di Vò Euganeo mettono in evidenza due informazioni importantissime: “la percentuale delle persone infette, anche se asintomatiche, nella popolazione è altissima e rappresenta la maggioranza dei casi soprattutto, ma non solo, tra i giovani; e l’isolamento degli asintomatici è essenziale per riuscire a controllare la diffusione del virus e la gravità della malattia”.

Per Romagnani, quello adesso è cruciale nella battaglia contro il virus è “cercare di scovare le persone asintomatiche ma comunque già infettate perchè nessuno le teme o le isola. Questo è particolarmente vero per categorie come i medici e gli infermieri che sviluppano frequentemente un’infezione asintomatica continuando a veicolare l’infezione tra loro e ai loro pazienti”. E ancora: “Si sta decidendo di non fare più il tampone ai medici e agli infermieri a meno che non sviluppino sintomi.

Ma alla luce dei risultati dello studio di Vò, questa decisione può essere estremamente pericolosa; gli ospedali rischiano di diventare zone ad alta prevalenza di infettati in cui nessun infetto è isolato”. A Vò – indica Romagnani – con l’isolamento dei soggetti infettati il numero totale dei malati è scesa da 88 a 7 (almeno 10 volte meno) nel giro di 7-10 giorni.

L’isolamento dei contagiati (sintomatici o non sintomatici) non solo risultava capace di proteggere dal contagio altre persone, ma appariva in grado di proteggere anche dalla evoluzione grave della malattia nei soggetti contagiati perché il tasso di guarigione nei pazienti infettati, se isolati, era nel 60% dei casi pari a soli 8 giorni.