Come stanno mutando i linguaggi dell’arte residente al tempo del Covid 19? Lo chiedo ossessivamente alla mia rete social, in fondo stiamo vivendo la più grande residenza d’artista (forzata) della storia dell’umanità. I mass media sembrano non porsi la questione e la politica Italiana non volersi complicare la vita. Eppure l’autoconfinamento aprirebbe scenari di riflessione sull’arte e la cultura residente come possibile futuro volano produttivo, economico, sociale e turistico, invece nulla.

A Cagliari s’invocano dall’opposizione i soliti bandi a sostegno dell’associazionismo, mentre a Berlino si offrono 5000 euro a sostegno degli artisti residenti. Vogliamo liquidare l’equazione nel nome del debito pubblico e di qualche risparmio in più? Io penso che siano, in conflitto sulla questione proprio diversi modelli sociali, culturali e politici.

A Berlino si riconosce il ruolo sociale, produttivo, intellettuale e culturale dell’artista visivo, lo si sostiene dal momento in cui decide di vivere e produrre in quel Comune, come patrimonio presente da tutelare. In Italia e più nello specifico nell’isola a statuto autonomo? La discussione è nulla, quando nasce la si liquida e restringe agli ambiti del libero mercato. Complicati anche scenari di fronti di rivendicazione comune tra gli artisti che condividono la stessa problematica, la stessa tragedia (a tratti commedia) del Covid 19 sembra essere esclusivamente un territorio di posizionamento individuale per futuri posizionamenti politici o di mercato. Eppure nel preciso momento in cui sto scrivendo, a Berlino, ogni freelance, artista indipendente (termine che nell’isola e in italia sembra non avere significato), ottiene 5000 euro trimestrali da spendere per sostenere la produttività della sua ricerca e del suo lavoro, ovviamente è richiesta la rendicontazione, questo per non ragionare di come fiocchino bandi per eventuali prossime esposizioni (e riflessioni) sul tempo presente.

Berlino si eleva a modello economico che sa fare risorsa economica produttiva dei suoi artisti residenti (molti sono italiani e isolani), mentre a Cagliari capoluogo della seconda isola più grande del mediterraneo (ma anche nella penisola), l’artista professionista, libero pensatore critico e intellettuale è qualcosa di derubricato, d’invisibile se non all’interno di giochi d’investimento politici o di libero mercato. Gli artisti a Cagliari, nell’isola e nella penisola, paiono essere letti solo in quanto artigiani, nella migliore delle ipotesi ambiscono al sostegno di stato di seicento euro anche se dimostrano di stare guadagnando migliaia d’euro in meno rispetto al 2019, davanti a comparazioni come questa, sul serio ci si meraviglia di quanto e come l’arte residente in Italia sopravviva solo attraverso l’economia in nero? Ovviamente i 5000 euro trimestrali di Berlino sono una cifra simbolica, ma che denota la capacità di leggere la complessità di questo tempo e la mutazione sistemica dell’arte in corso, non sono una questione da liquidare come assistenziale, a maggior ragione se si valuta il comparto dell’arte e della cultura in Italia sugli otto miliardi di euro.

Possibile che in Italia il ruolo sociale e intellettuale dell’artista si fermi a qualcosa nell’ambito del fondo assistenziale e reddito di cittadinanza? Un produttore di linguaggi dell’arte e della cultura è da considerasi un disoccupato o inoccupato privo di professione e professionalità? Attenzione, non mi preme sollevare la questione nel nome di un dogma che vuole indispensabile il ruolo di un artista in una qualsiasi società umana evoluta (anche se lo penso), ma per sostenere competenze e professionalità acquisite oltre logiche di consenso e mode di mercato. Basterebbe pochissimo, anche in un momento come questo, fare nascere archivi regionali o comunali (Assemini nell’isola sarebbe un buon modello a cui guardare) a tutela di comprovate ricerche e professionalità artistiche residenti, e incanalare verso questo ricerche delle risorse da parte dello stato centrale (seppure esigue e simboliche), in questa maniera si starebbe investendo sui differenti Comuni come luogo di produzione e scambio linguistico internazionale. Tristemente il nostro Ministro della cultura in questa fase pare disperso.

A Berlino, dove l’arte residente è internazionale, in tempi di Covid 19, 5000 euro trimestrali arrivano ad artisti (anche non indigenti) che con una semplice autocertificazione (paese che vai autocertificazione che trovi) di mostre programmate impossibilitate a farsi, in Italia (e nell’isola) c’è la manifesta impossibilità produttiva per un settore che sembra non essere di prima necessità. Papa Francesco invoca amore e creatività per uscire da questa fase crepuscolare della storia umana, gli artisti che da sempre lavorano isolati nei loro studi, che problemi avrebbero di rispetto delle distanze di sicurezza nel tradurre in pratica il suo pensiero?

di Mimmo di Caterino