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Sarà una Pasqua 2020 amara per la maggior parte delle pasticcerie sarde le quali, in un solo mese, hanno già subito 15 milioni di danni. Non solo la merce che deperisce ma anche gli ordini annullati fanno da padrone a questa crisi senza precedenti durante un periodo florido per i dolci.

È Confartigianato a dar voce alla rabbia delle 774 imprese sarde del settore e dei 1819 addetti. Quintali di cioccolato che deperiscono nei depositi, tonnellate di farina e zucchero inutilizzabili, migliaia di uova rispedite al mittente, ettolitri di latte da smaltire ma anche impastatrici ferme, ordini annullati e personale in cassa integrazione o, se va bene, in ferie forzate.

A causa del lockdown, secondo uno studio dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, la parte del comparto più colpita è la vendita diretta della pasticceria artigianale. “Siamo i primi a rispettare le regole per difendere la salute dei cittadini – afferma Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – ma non accettiamo un’interpretazione della norma che si traduce in una palese e assurda penalizzazione delle nostre produzioni a vantaggio di altre tipologie di prodotti di pasticceria. Così si colpiscono le nostre aziende e si nega libertà di scelta ai consumatori”.

Uno dei problemi principali è che al settore dolciumi è stata vietata la vendita e soprattutto la produzione dei prodotti; secondo il Dpcm dell’11 marzo 2020, le imprese artigiane di pasticceria, obbligate alla chiusura, non possono vendere i loro prodotti nemmeno attraverso la modalità di asporto, ma solo a domicilio.

Per l’Associazione Artigiana, questo blocco burocratico è “un’assurda discriminazione rispetto ai negozi e alla grande distribuzione, ai quali è invece permessa la commercializzazione di prodotti dolciari”.