Riaperture differenziate per macroaree a seconda della diffusione del contagio, con un monitoraggio dopo 15 giorni per verificare la tenuta del contenimento e, in caso contrario, procedere a nuove chiusure. E’ l’ipotesi su cui stanno lavorando gli esperti che dovranno fornire al governo gli indirizzi generali per la fine del lockdown.

Stando a questa ipotesi, l’Italia verrebbe sostanzialmente suddivisa in 3 macroaree (nord, centro e sud) in base alla diffusione del contagio. Sostanzialmente, laddove la diffusione del virus è maggiore, dovrebbero rimanere misure più stringenti, soprattutto per quanto riguarda la mobilità tra una zona e l’altra, sia all’interno delle macroaree sia tra una macroaerea e l’altra. In quelle dove invece il virus ha colpito in maniera meno importante si potrebbero prevedere riaperture più ampie. All’interno delle stesse macroaeree, inoltre, dovrebbero essere individuate ulteriori suddivisioni tra zone a maggiore e minore diffusione: al nord, per esempio, regioni come Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, hanno una situazione diversa da Piemonte, Lombardia e Veneto.

I DATI – Ci sono 160mila persone positive a tamponi e le persone con sintomi si stanno riducendo con la curva in fase decrescente a livello nazionale. Lo ha detto il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro durante la conferenza stampa all’Istituto sull’andamento epidemiologico dell’epidemia di Covid-19. C’è una forte reattività – ha sottolineato – nel segnalare e intervenire precocemente sui nuovi focolai. I dati sull’epidemia – ha detto -di nuovo coronavirus in Italia raccontano la “storia di un Paese con livelli di circolazione diversi” a seconda delle regioni. I test permetteranno di convivere con il virus – ha sottolineato – e in particolare con il livello di contagiosità R sotto 1.  La fase di riapertura – ha puntualizzato Brisaferro – andrà fatta “con grande cautela”, raggiungendo i contatti e sorveglianza del numero dei ricoveri. “Dovremo ripensare e riorganizzare la nostra organizzazione della vita sia nei trasporti che nel lavoro e nelle attività quotidiane”. Non c’è nessun picco nella curva dell’epidemia, ha evidenziato però l’epidemiologo Giovanni Rezza: “si è trattato di un picco artificioso”, generato dal lockdown, ha detto l’epidemiologo Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), nella conferenza stampa organizzata dall’Istituto. Nella fase 2 sarà importante rafforzare soprattutto il controllo del territorio con l’identificazione rapida dei focolai, test, rintraccio e isolamento dei contatti e azioni di contenimento ed eventuale creazione di zone rosse, è il suo l’invito. Le “zone rosse – ha aggiunto – torneranno ad essere una delle misure importanti quando non ci sarà piu il lockdown del Paese”. Il nuovo coronavirus tende a essere contagioso prima che compaiano i sintomi e poi la contagiosità tende a decrescere, ha detto l’epidemiologo Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), nella conferenza stampa organizzata dall’Istituto. E’ un virus nuovo e si comporta diversamente dal coronavirus della Sars del 2003.

Le regioni del Nord spingono però per ripartire, dalla Lombardia al Piemonte. Il governatore del Veneto Zaia rilancia: “per noi il lockdown non esiste più”.