Piango con il mondo dell’arte contemporanea la scomparsa di Germano Celant, scomparsa che, in questo momento della storia dell’arte e degli artisti, ha un fortissimo valore simbolico.
Germano Celant era un’icona italiana del sistema globale dell’arte contemporanea, ci lascia a ottant’anni causa Covid 19, era ricoverato d’alcune settimane al San Raffaele di Milano.

Per chi non lo conoscesse (non so chi), Germano Celant è stato (insieme ad Achille Bonito Oliva) il curatore e critico d’arte italiano più influente del pianeta terra, virale influencer ante litteram che cominciò la sua ascesa nel 1967, quando teorizzò l’arte povera.
Arte povera che a dire il vero povera non lo è stata mai, se non nell’utilizzo dei materiali, proprio nel nome dei materiali ci si rivoltava contro tele, bronzi e marmi che idealmente si associavano ai luoghi chiusi dell’arte.

Germano ci saluta a causa del Covid 19, proprio mentre nell’interesse dei miei studenti, chiedo a tutti i miei contatti social che hanno a che fare con l’arte contemporanea, come il Covid 19 stia mutando i linguaggi e l’economia dell’arte contemporanea.
Idealmente cammino e domando, seppur via social network, con la consapevolezza che c’è una rivoluzione in corso, che mi pare essere ben più incisiva di quella, comunque industriale economica di massa, del sessantotto.
Ho amato e idealizzato come tanti studenti d’Accademia di Belle Arti dal 1967 a oggi, il suo manifesto dell’arte povera, sapete dove venne pubblicato?

Su “Flash Art”.

Sapete come sottotitolava?
“Appunti per una guerriglia”.

Maturando e crescendo, avevo poi compreso come con la sua conoscenza semantica e semiotica, Germano Celant seppe cavalcare strategicamente l’ideologia di massa di quegli anni, in quegli anni seppe incontrare la vita e lo spirito dei movimenti di piazza, ebbe il merito di portare l’arte fuori dalle gallerie ed è anche nel suo nome, che faccio di tutto per entrare il meno possibile a contatto con gallerie e galleristi.
Evadendo dagli spazi consoni dell’arte, da influncer quale era, riuscì a materializzare anche la Land Art oltre oceano, sapeva diffondere i suoi contenuti linguistici quanto e come quel Covid 19 che l’ha portato via.

Influenzava anche il lavoro degli artisti che sosteneva, è nel suo nome che Mario Mertz smise di dipingere astratto informale rincorrendo Fibonacci e Pistoletto abbandonò la sua figurazione pittorica alla Bacon per rompere specchi.

Come non lo sapevate?
Germano era intransigente, l’unica idea linguistica dell’arte in grado di cogliere lo spirito del suo tempo era la sua!
L’arte povera nasceva come vento di piazza ma ben presto nel nome di tutte le rivoluzioni di piazza divenne rigidissima.
Con lo sguardo contemporaneo, se rileggo oggi i nomi degli artisti del movimento, a tutto penso tranne che alla guerriglia, ve li elenco?

Kounellis, Fabro, Anselmo, Pistoletto, Boetti, Zorro, Penone, Paolini, Mario e Marisa Merz, una task force d’artisti che come tutto il movimento del sessantotto, in linea con le indicazioni del comandante di bordo Celant, dimenticarono in breve tempo la piazza, entrati nel palazzo con le chiavi del palazzo non era complicato lasciare a chi si definiva pittore e scultore le rimanenze della storia, insomma forse nel nome di quegli “Appunti per una guerriglia” si consumava quel genocidio culturale e artistico di certe scelte linguistiche dell’arte, senza il quale non si potevano tenere alte le quotazioni di mercato.
Germano Celant resterà un’intellettuale che ha segnato la storia dell’arte del secolo passato, ha saputo demarcare il suo territorio fisico e storico e sapeva non osservare ciò che non rientrava nella sua sfera d’interesse e d’interessi.

Ho studiato e sono cresciuto con il lavoro di Germano Celant, per questo lo ringrazio, lo ringrazio con la consapevolezza di sapere che non ha mai amato il mio lavoro e miei posizionamenti sistemici, ma l’ho sempre rispettato, ho sempre anteposto agli amici stolti i nemici intelligenti, anche se nemico nel vero senso della parola non lo è stato mai, non era però tra i miei contatti social, e in tempi dove le relazioni passano per i social network causa covid 19, dove abbondano idiozie e luoghi comuni, perdere un intellettuale che sapeva rompere i luoghi comuni determina infinita tristezza.

Mimmo Domenico Di Caterino