“In questo periodo dall’interno della chiesa si è assistito a comunicazioni poco edificanti e poco utili per i fedeli, nessuno può utilizzare i mezzi di comunicazione in modo autoreferenziale, non si tratta della trasmissione di un film ma di un atto celebrativo”. Gian Franco Saba, arcivescovo di Sassari, si sfoga con la stampa in occasione della riapertura delle celebrazioni liturgiche ai fedeli.

Saba vede positivamente l’utilizzo della tecnologia nella vita ecclesiastica: “La buona parola ha colmato la distanza. Tuttavia la Chiesa non è un cartello pubblicitario, un monumento o un museo, ma è una comunità vivente, che deve passare dall’azione liturgica alla liturgia della carità”. Parole non banali, destinate a generare dibattito, così come l’appello ai laici.

“Non lasciatevi clericalizzare”, è il monito. In una chiesa diocesana che punta tutto sul farsi comunità reale, iniziando dalla promozione di una concreta cultura della carità e della solidarietà, assume un ruolo centrale la “Fondazione Accademia – Casa di popoli, culture e religioni”, creatura dell’arcivescovo di Sassari, una sorta di braccio operativo per la gestione e la realizzazione del suo progetto. “Occorre ritornare alla fede dei padri, alla ritualità che talvolta è sacrificata al consumismo, perciò invito i comitati e i parroci a trasformare tutte quelle feste che oggi non si possono fare in azioni per la carità”, è l’invito a sostenere la Fondazione, da lui definita, come “strumento per promuovere la cultura della solidarietà”, tanto da fare esplicitamente appello “ai fedeli e alle istituzioni affinché aiutino l’Accademia, ossia la comunità”.