Dal 4 marzo 2020 tutte le scuole dell’Italia sono state chiuse a causa dell’emergenza sanitaria da coronavirus e da quel momento in poi, le lezioni sono avvenute a distanza attraverso pc e tablet.

C’è chi ha apprezzato la didattica da remoto e chi, in tanti, ha sollevato non poche criticità. Ad esempio, tre maestre elementari sarde (di Torpè, Siniscola e Budoni), le quali hanno anche creato una petizione su Change.org indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, tramite la quale chiedono di far tornare i bambini in classe perché “la scuola ‘a distanza’, non è per tutti” e perché “non riproduce neanche lontanamente quanto avviene tra le mura scolastiche, ovvero un processo d’insegnamento/apprendimento che passa attraverso le emozioni, il gioco e i legami affettivi, ma che non riesce ad attraversare lo schermo di un pc o di un tablet”.

Come si legge nella lettera, “la formazione dei bambini dai 6 agli 11 anni non può essere ridotta alla pura trasmissione di nozioni matematiche, scientifiche o di un corretto uso dell’ ortografia: senza le dinamiche relazionali che si creano dentro una classe, possiamo impartire tutti i contenuti possibili, ma saranno destinati a restare ‘senza anima’. Nel nostro contesto geografico” scrivono le tre maestre “le piccole scuole con meno di 100 alunni hanno già chiuso da tempo, perché, a detta degli enti competenti, comportavano costi di gestione insostenibili. Ma i fondi per mandare avanti la didattica a distanza si trovano, eccome! E anche quelli per far ripartire il turismo a prova di Covid”

In conclusione, sostengono che ci sia “bisogno di riappropriarsi fisicamente delle aule per poter fare bene il lavoro. Per cui chiediamo a chi di dovere, di occuparsi della messa in sicurezza degli edifici scolastici, degli scuolabus, piuttosto che dell’ampliamento della banda larga”.