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Il fiume più lungo della Sardegna? È il Turru, quello che tutti conoscono come Tirso. E il significato è legato alla realtà culturale dell’isola. Turru è, infatti, il bastone nodoso di comando in mano al capo tribù o al sommo sacerdote. È la nuova scoperta di Bartolomeo Porcheddu, autore già noto per le sue teorie della derivazione del latino dal sardo. Una tesi che rientra in quella più generale dell’esistenza di una lingua sarda parlata prima del latino. In un’epoca, sempre secondo Porcheddu, in cui la Sardegna dominava la scena nel Mediterraneo.

“Possiamo affermare – spiega l’autore – che il ‘Tursos’ greco è un prestito del sardo-pellàsgico ‘Turru’ e che il suo valore intrinseco è solo nella lingua sarda”. E da lì si spiegano tante altre conseguenze. “Ora che sappiamo che il Tirso era il ‘Turru’ sardo – osserva Porcheddu – possiamo risalire il fiume e incontrare nel suo percorso il villaggio medievale di Turrana, nel comune di Sorradile. Turre era invece un centro situato nell’attuale comune di Norbello, e sempre Turre un altro abitato nel comune di Bauladu”.

Ma perché il fiume è diventato Tirso? La spiegazione dello studioso scende – come in tutte le sue opere – nei dettagli storico-etimologici delle parole. “La vocale a cui si lega nel greco e nel latino la prima consonante T è una Y, iupsilon greca, che traslittera dal greco antico al sardo latino sempre la nostra vocale /U/, mai la I – dice entrando nel cuore del problema – Poiché, invece, nelle scuole italiane questa vocale viene letta in latino come una I, tale errore ha portato spesso allo slegamento del significante, ossia quello che leggiamo dal suo significato, vale a dire quello che intendiamo. A causa di questo errore di lettura, pronuncia e trascrizione, noi oggi chiamiamo da secoli il nostro grande fiume con l’appellativo di Tirso”.