“Ho difeso la legge, la sovranità, la sicurezza, l’onore e la dignità italiane, con l’accordo dell’intero governo. Sono tranquillo e rifarei tutto, non per interesse personale ma per tutelare il mio Paese”. Queste le parole del leader della Lega Matteo Salvini che è in attesa del pronunciamento della Giunta delle immunità del Senato sulla vicenda Open Arms, dopo quello sulla Diciotti e sulla Gregoretti (su quest’ultima si registra intanto il terzo rinvio, questa volta causa Covid, dell’udienza preliminare che il presidente dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, ha ricalendarizzato il 3 ottobre prossimo”.

Chi ha avuto occasione di parlare con Salvini, lo descrive come molto sereno: lui, comunque vada a finire, andrà avanti per la sua strada. Ma sulla carta, 11 senatori sono a favore del rinvio a giudizio, 11 sono contrari, con Michele Giarrusso, ex Cinque Stelle, oggi al Misto, nell’inedito ruolo di ago della bilancia e solo oggi si saprà il suo pensiero.

Per il centrodestra, se la maggioranza nel Governo dovesse decidere di mandare a giudizio Salvini sarebbe un precedente gravissimo.

In particolare, questi stessi ambienti lanciano un implicito appello ai senatori di Italia Viva, a loro giudizio più sensibili ai principi del garantismo. Centrodestra che però non è d’accordo sulla festa della Repubblica il 2 giugno, quando si terrà una manifestazione per dare voce a chi, a loro giudizio “è stato dimenticato dal governo”, in questa controversa Fase 2. Infatti, i distinguo da parte di Fi e FdI si sarebbero accentuati, creando ancora più distanza col leader della lega, promotore dell’iniziativa. Il partito di Giorgia Meloni e quello di Silvio Berlusconi, spinti dall’esigenza di evitare assembramenti, sembra preferiscano manifestare più in là, a luglio, quando sarà possibile spostarsi da una regione a un’altra.