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Quale era il livello di attenzione che gli istituti scolastici dedicavano agli aspetti igienico-sanitari prima dell’emergenza coronavirus? E le strutture sarebbero attualmente in grado di ospitare gli studenti osservando le norme sul distanziamento sociale? Il portale Skuola.net, ha elaborato un questionario – che ha coinvolto oltre 25mila alunni di scuole medie e superiori – per capirlo attraverso la voce dei diretti interessati. Il quadro che i ragazzi hanno lasciato a fine febbraio è abbastanza disastroso. Meno di 2 studenti su 3, ad esempio, giudicano almeno sufficiente lo stato in cui versavano i bagni della propria scuola (solo il 16% dice che erano sempre puliti); per 1 su 10, al contrario, erano perennemente sporchi. Oltre un terzo dei ragazzi (35%) non avrebbe mai visto il sapone fare la sua comparsa nei bagni di scuola (e un altro 21% lo trovava raramente). Ancora peggio al Sud: qui la carenza di sapone colpiva 7 alunni su 10 (il 20% di frequente, il 51% sempre).

Ovviamente non è un problema di volontà ma di mancanza di risorse economiche, assolutamente risolvibile. Stessa cosa per quel che riguarda carta igienica e salviette per asciugarsi. La prima segue lo stesso destino del sapone: quasi inesistente nel 33% dei casi (il 51% nelle regioni meridionali), intermittente per un altro 20% di studenti. Le seconde, invece, erano praticamente un bene di lusso: solamente 1 su 4 (il 12% al Sud) le aveva a disposizione di frequente. Nelle altre scuole ci saranno stati gli asciugamani elettrici? Non proprio: risponde in modo affermativo solo il 9% del campione (e un altro 4% dice che c’erano ma non funzionavano). Come stupirsi, allora, che appena il 15% degli istituti metteva a disposizione di tutti gel igienizzanti per le mani (ma per l’8% ciò era avvenuto da poco, solo dopo lo scoppio dell’emergenza). Fortuna che la maggior parte degli intervistati, tutto sommato, promuova il livello generale della pulizia della sua scuola: il 76% al Nord, il 57% al Sud.

Altro tema di cruciale importanza è quello del sovraffollamento degli ambienti scolastici, in primis le aule, in cui gli studenti (e i docenti) devono stazionare per ore e ore. Dal sondaggio emerge che le “classi pollaio” sono una realtà. La platea più consistente (47%) è composta da ragazzi che vivono in classi da 20-25 alunni. Ma più di 1 studente su 5, quest’anno, condivideva l’aula con almeno altri 25 compagni; solo 1 su 3 restava sotto i 20 iscritti. Solo il 16% pensa che le classi del suo istituto permettano di garantire la fatidica distanza di almeno 1 metro tra un alunno e l’altro. Gli stessi problemi investono la gran parte dei momenti della giornata. Come l’ingresso e l’uscita da scuola o il cambio d’ora tra le lezioni: per la metà degli intervistati (51%) scale, corridoi e cortili non sono così spaziosi da farci stare tutti.

O come la ricreazione: il 34% dice che la faceva in classe, il 39% in corridoio, solo il 25% in cortile. Ma, a prescindere da ciò, per 6 su 10 la concentrazione sarebbe inevitabile. L’unico aspetto che induce all’ottimismo è l’ora di educazione fisica: per l’85% dei ragazzi l’ambiente in cui la svolgeva – cortile o palestra – era abbastanza ampio per ospitare tutti. La ricerca ha voluto capire anche come immaginano gli studenti il prossimo anno scolastico. Il 72% approverebbe la scelta di continuare con un mix di lezioni frontali e didattica a distanza; solo il 35%, al contrario, accetterebbe volentieri di frequentare il pomeriggio (le attività extra-scolastiche incombono). Ma c’è un 22% che spera ancora che a settembre ci saranno le condizioni affinché tutto possa tornare alla normalità.