Massimo Fini scrive su Il Fatto Quotidiano un paginone di insulti al popolo sardo, concludendo con l’invito ad andare nella “francese” Corsica e con il motto “ma chi se la caga la Sardegna”.

Da giorni ormai assistiamo ad una vera e propria esplosione delle fogne. La stampa, i media, i social si sono riempiti di personaggi che fino ad ieri si davano arie da raffinati esponenti del mondo della sinistra culturale e che improvvisamente hanno rispolverato un armamentario degno del Bossi della prima ora.

Li vedi in TV idrofobi con le vene in rilievo e gli occhi strabuzzanti che bofonchiano “come osano i sardi, ci devono accogliere a braccia aperte”.
E guardate, Solinas e la proposta del passaporto sanitario non c’entrano nulla, perché altrimenti la querelle sarebbe rimasta entro i limiti di un attacco politico ad un presidente di schieramento avverso.

No, il tema è un altro e riguarda la concezione che questa gente nutre del nostro popolo. I sardi sono meravigliosi e pittoreschi quando li accolgono con ballu tundu e maialino al mirto in onore della grazia ricevuta dal loro passaggio di cittadini di serie A della beneamata Repubblica, ma diventano un popolo di diavoli incivili e da castigare quando emerge, in qualsiasi forma o anche casualmente, una pallida luce di autodeterminazione della propria soggettività storica e collettiva.

Allora vedi quei gentili e raffinati dottor Jackyll trasformarsi in volgari e aggressivi Mr Hyde.

Perché la Sardegna è bella, é una perfetta colonia estiva, un’ottima terra da cui prelevare braccia, teste e risorse, in cui piazzare basi militari e discariche abusive e, fintanto che i sardi accettano il ruolo passivamente, sono degli adorabili animaletti a cui lanciare noccioline e a cui fare pittoresche foto. Ma quando poco poco alzano la testa o si ha anche l’impressione che stiano per farlo, allora giù di scure: “il turismo l’abbiamo inventato noi”, “adesso riesumo il passaporto del Regno Sardo”, “chi se la caga la Sardegna, vado in Corsica” ecc…

Sono i nipotini di quelli che parlavano di “Sardegna zona delinquente” e che auspicavano di debellare il “banditismo” con bombardamenti al napalm. E sono i fratellini di quelli che ancora oggi parlano di “mentalità predatoria tipica dei barbaricini” dall’alto dello scranno di procuratore generale della Repubblica.

Sono quelli che Gramsci chiamava “gli scopritore” e che si augurava un giorno il popolo sardo avrebbe finalmente ributtato in mare. Sono quelli di cui dobbiamo liberarci se vogliamo finalmente guadagnare la libertà, di loro e dei loro servi sciocchi autoctoni pronti a leccare culi pur di ricevere qualche avanzo dai loro padroni.

L’opinione di Cristiano Sabino