Pechino ha registrato martedì altri 31 casi di Covid-19: dal 13 giugno sono più di 356mila i test fatti sulla popolazione a un ritmo serrato e continuo, con lunghe ed estenuanti code davanti ai numerosi laboratori messi a punto, anche mobili. Secondo le autorità municipali, il potenziale è di 400.000 test al giorno grazie ai 100mila operatori sanitari in campo, secondo i media locali. Nel conteggio al pomeriggio, i due aeroporti della capitale hanno visto la cancellazione di 1.255 in arrivo e in partenza, pari a circa il 70% del totale.

“In base alla curva epidemiologica abbiamo individuato i casi al loro stadio iniziale. Ora il trend è ancora in ascesa”: lo ha detto Pang Xinghuo, vicedirettrice del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Pechino, notando in una conferenza stampa trasmessa in streaming che “l’attuale focolaio emerso dal mercato all’ingrosso di Xinfadi, nel distretto di sudovest di Fengtai, ha provocato a Pechino 137 casi certi di Covid-19 da giovedì scorso”. Quindi, secondo Pang, “non è escluso un ulteriore incremento di contagi”.

La Cina emetterà un terzo lotto di titoli di Stato a speciale destinati a finanziare il contenimento del COVID-19 nel tentativo di bilanciare le attività di controllo dell’epidemia con lo sviluppo economico e sociale del Paese. Lo ha reso noto il ministero delle Finanze sul proprio sito-web. Le obbligazioni a tasso fisso, del valore di 70 miliardi di yuan (circa 9,89 miliardi di dollari) e con scadenza a 10 anni, potranno essere sottoscritte a partire dal 23 giugno e saranno negoziate sul mercato secondario dal 30 giugno. Il 15 giugno, il ministero aveva annunciato l’emissione dei primi due lotti di titoli di Stato a scopo speciale, compresi 50 miliardi di yuan di obbligazioni quinquennali e altrettanti di bond con scadenza a sette anni. Entrambi i titoli saranno quotati e scambiati sul mercato a partire dal 23 giugno. Quest’anno, la Cina perseguirà una politica fiscale più pro-attiva e di maggiore impatto, allargando il deficit oltre il 3,6% del Pil ed emettendo 1.000 miliardi di yuan di titoli di Stato per finanziare il contenimento del COVID-19 e liberare nuovi fondi per le aziende e i privati.

Nel frattempo la Norvegia ha affermato che il suo salmone non è stato la causa dell’epidemia di Covid-19 che si è verificata nei giorni scorsi a Pechino, che ha portato allo stop delle vendite. “Il caso è in fase di risoluzione”, ha dichiarato il ministro della pesca Odd Emil Ingebrigtsen. “Oggi stiamo lavorando ai dettagli e posso confermare che la questione sembra essere stata risolta”. I funzionari cinesi e norvegesi si sono incontrati ieri e hanno concluso che è improbabile che il salmone norvegese sia la fonte del virus rilevato la scorsa settimana sul mercato all’ingrosso di Xinfadi a Pechino. I media ufficiali avevano reso noto che il virus era stato rilevato su tavole utilizzate per tagliare il salmone importato, in quel mercato. Secondo Bjorn Olav Kvamme, capo della sezione malattie e infezioni presso il Norwegian Institute for Marine Research, “è improbabile che l’infezione non provenga dal salmone, ma potrebbe esserci piuttosto una contaminazione del prodotto o degli strumenti da parte delle persone”.

Il nuovo focolaio di Covid-19 che sta scuotendo Pechino è “preliminarmente” giudicato come causato da trasmissione da uomo a uomo o da contaminazione di oggetti o ambiente. Shi Guoqing, vice direttore del Centro d’emergenza del Chinese Center for Disease Control and Prevention, ha detto che non c’è nessuna evidenza che il salmone sia “stato veicolo o veicolo intermedio del coronavirus”. Al mercato all’ingrosso di Xinfadi sono stati trovati alcuni salmoni infetti, ma “il virus non è stato rilevato sul salmone non ancora portato al sito”, ha aggiunto Shi.