Disturbi visivi e autismo, una correlazione spesso non riconosciuta, con effetti negativi sul percorso di crescita e riabilitazione. In Italia su circa 4.000 bambini ipovedenti in età scolare, 1.500 hanno almeno un altro disturbo dello sviluppo, il più frequente è l’autismo. Da qui la necessità di nuovi approcci diagnostici, riabilitativi ed educativi che tengano conto delle interdipendenze tra cecità, ipovisione e patologie dello spettro autistico.

Se ne fa carico un progetto di ricerca nazionale, “Vis a Vis”, finanziato dallo Ierfop di Cagliari, Istituto europeo ricerca formazione ed orientamento professionale, con il coinvolgimento attivo dell’Apri di Torino, Associazione pro retinopatici ed ipovedenti e la collaborazione scientifica di Donatella Petretto, docente di Psicologia clinica all’Università del capoluogo. L’accordo mette insieme esperti e ricercatori di diverse discipline per dare vita ad una piattaforma al servizio dei formatori: medici, psicologici, studiosi, riabilitatori.

“L’obiettivo è di colmare un vuoto sanitario e sociale che in questo momento in Italia impedisce un approccio multidisciplinare per la cura dei bambini affetti da più patologie: seguirli per problemi alla vista senza intervenire sui disturbi comportamentali spesso collegati, come l’autismo, significa – spiega Roberto Pili, medico e presidente di Iersof – fornire risposte parziali al giovane paziente e soprattutto alla famiglia, fulcro del percorso di riabilitazione che coinvolge i loro figli”.

“E’ importante evidenziare la correlazione tra ipovisione e autismo offrire un contributo in termini di ricerca e azione”, sottolinea Pericle Farris, presidente di Apri Torino. La ricerca è ambiziosa: aiutare gli studi sugli aspetti diagnostici ed epidemiologici, sviluppare strumenti di intervento nel contesto scolastico e formativo per recuperare alla vita attiva e all’integrazione i tanti soggetti che altrimenti ne sarebbero esclusi, ampliare i protocolli formativi per familiari ed operatori del settore. “In Italia – chiarisce Pili – scontiamo una difficoltà nel diagnosticare tempestivamente i disturbi del neurosviluppo come l’autismo quando si associano alla cecità. Difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale, tendenza all’isolamento sociale, movimenti stereotipati e ripetuti non sono riconosciuti o derubricati come conseguenze della cecità piuttosto che come indicatori di uno stile cognitivo autistico. La conseguenza di questo mancato riconoscimento comporta gravi anomalie e ritardi dello sviluppo delle potenzialità dei bambini colpiti e li condanna a un futuro di emarginazione”.