Il gup di Lecce, Cinzia Vergine, ha accolto l’impianto accusatorio nei confronti di Antonio Savasta, processato assieme ad altri magistrati e imprenditori per il sistema Trani, con l’accusa di pilotare le sentenze in cambio di mazzette, viaggi e persino diamanti.

Dovrà scontare una condanna a 10 anni in carcere Antonio Savasta, l’ex magistrato tra i principali imputati, nel processo sulla giustizia truccata che ha investito la procura di Trani. Il giudice di Lecce ha accolto per intero le accuse della Procura e stabilito la confisca di beni appartenenti all’ex pm per un valore di 2,4 milioni di euro.

Savasta era stato accusato di far parte di una vero e proprio sistema consolidato di corruzione, finalizzato a favorire i procedimenti penali o tributari nei confronti o intentati da alcuni imprenditori, in cambio di cospicue somme di denaro o altro tipo di ricompensa, in viaggi, prestazioni di servizi o gioielli preziosi. La condanna nei confronti dell’ex pm per associazione a delinquere finalizzata a diversi reati contro la pubblica amministrazione, falso ideologico, millantato credito, calunnie e falsa testimonianza è arrivata con rito abbreviato.

Condannati assieme a Savasta l’ex pm Luigi Scimè (4 anni), l’imprenditore ed ex socio di Tiziano Renzi  Luigi D’agostino (4 anni), gli avvocati Ruggiero Sfrecola (4 anni e 4 mesi) e Giacomo Ragno (2 anni e 8 mesi).

Hanno optato invece per il rito ordinario l’ex gip di Trani, Michele Nardi, considerato dall’accusa il capo dell’organizzazione a delinquere, e altri cinque indagati, tra cui  l’ispettore di Polizia Vincenzo Di Chiaro.

Il sistema Trani

I pm di Lecce hanno portato alla luce un vero e proprio sistema di corruzione all’interno della vicina Procura, il cosiddetto sistema Trani, volto a condizionare la giustizia e gli esiti dei procedimenti penali o tributari. Le indagini degli inquirenti hanno coinvolto magistrati della procura tranese, imprenditori, avvocati e persino un ufficiale di polizia.

Secondo l’accusa i magistrati di Trani chiedevano regali costosi, viaggi, gioielli e persino diamanti per pilotare le indagini e favorire i procedimenti in favore di alcuni imprenditori, oppure per ottenere risarcimenti.

A capo del gruppo criminale ci sarebbe il gip Michele Nardi. Approfittando della sua posizione all’interno della Procura di Trani, l’ex magistrato forniva informazioni riservate agli imprenditori relative ai procedimenti e all’assegnazione dei fascicoli.

Gli inquirenti sono riusciti a risalire al ruolo di Nardi grazie alle rivelazioni dell’imprenditore Flavio D’Introno sulle somme da lui versate per ottenere aggiustamenti di indagini e processi.

In particolare D’Introno avrebbe pagato a Nardi un viaggio a Dubai dal valore di 10 mila euro, per ottenere un intervento presso colleghi. Inoltre avrebbe sostenuto una spesa di 600 mila euro per i lavori di ristrutturazione della villa del magistrato a Trani e di 120 mila euro per dei lavori nell’appartamento di Roma. Infine l’ex gip avrebbe chiesto all’imprenditore 2 milioni, mai corrisposti, per comprare il favore dei giudici del collegio.

Il ruolo di Savasta

Antonio Savasta, invece, aveva lo specifico compito di pilotare i procedimenti nei confronti di D’Introno, arrivando ad avvisare l’imprenditore di fuggire all’estero, dopo una sentenza passata in giudicato. Oltre a D’Introno, avrebbe usufruito del sistema di corruzione l’imprenditore Luigi D’Agostino che, attraverso il suo legale, Luigi Scimè, avrebbe versato per 75 mila euro affinché il suo nome non spuntasse nel fascicolo per un’inchiesta su aziende a lui riconducibili.