“Ieri mi sono fatto male… ho preso un piccolo strappo… perché ho corso dietro a un negro”. Così Giuseppe Montella, uno dei carabinieri arrestati a Piacenza nell’ambito dell’inchiesta Odysseus, raccontava le sue ‘gesta’ al figlio undicenne, che poi gli chiedeva: “L’hai preso poi? Gliele avete date? Chi eravate? Chi l’ha picchiato?”. “Eh, un pò tutti”, è la risposta dell’appuntato che, come per vantarsi, precisa che anche i suoi colleghi avevano picchiato lo straniero.

Dalle 75mila conversazioni telefoniche, ambientali, messaggi che i carabinieri coinvolti nell’indagine della Guardia di Finanza di Piacenza e coordinata dalla procura, finiti agli atti, emergono particolari che raccontano il loro modo di operare: come “un’associazione a delinquere”, per usare una delle loro auto-definizioni. Uno dei carabinieri arrestati, in una conversazione captata in auto, ha parlato del concetto di “piramide”, utilizzata per i loro affari: “In poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? Noi non ci possono… noi siamo irraggiungibili”.

“Al momento si tratta di atti relativi al fatto”, ha riferito il procuratore Militare, Stanislao Saeli, il quale ha aggiunto di aver “proceduto sulla base dei provvedimenti cautelari emessi dalla Procura della Repubblica di Piacenza, da cui sembrano già emergere estremi di reati militari. Agiamo in perfetta sintonia con i colleghi della Magistratura ordinaria per ottimizzare le attività di indagine”.

La Procura militare di Verona ha competenza sui reati militari commessi nelle regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna. Si svolgeranno a partire da domani gli interrogatori di garanzia dei sei carabinieri arrestati a Piacenza per i gravi reati e abusi commessi all’interno della caserma Levante che è stata posta sotto sequestro. I militari al momento sono in carcere a Piacenza, ma non è escluso che nei prossimi giorni possono essere trasferiti in altre strutture di detenzione.

Intanto arriva l’appello del garante dei detenuti: Serve “una riflessione approfondita, che coinvolga anche il personale delle forze dell’ordine, sulle possibili azioni per la prevenzione del rischio di trattamenti disumani e degradanti”, dice Marcello Marighelli, garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale della Regione Emilia-Romagna, dopo i casi dei carabinieri arrestati di Piacenza, accusati anche del reato di tortura. “Viene delineato un quadro – dice – che, se confermato, mostrerebbe una realtà allarmante per la violazione di diritti fondamentali delle persone affidate alla responsabilità dello Stato. Gli eventuali maltrattamenti, quando trovano conferme in un processo, sono altamente nocivi, non solo nei confronti delle persone colpite, ma anche nei confronti di tutto il personale delle forze dell’ordine che opera nel rispetto della legalità con professionalità e dedizione al proprio lavoro”.

“Un fatto enorme e gravissimo che ricorda la vicenda di mio fratello Stefano”. Così Ilaria Cucchi commenta l’indagine della Procura di Piacenza che coinvolge alcuni carabinieri accusati, tra l’altro, di traffico di droga, estorsioni e tortura. “Bisogna andare fino in fondo – ha aggiunto Cucchi – non si facciano sconti a nessuno come hanno dimostrato magistrati coraggiosi nell’indagine sulla morte di Stefano.Basta parlare di singole mele marce, i casi stanno diventando troppi. Il problema è nel sistema: mi vengono in mente i tanti carabinieri del nostro processo che vengono a testimoniare contro i loro superiori e mi chiedo con quale spirito lo facciano quando poi spuntano comunicati dell’Arma subito dopo la testimonianza come nel caso del loro collega Casamassima”, conclude Ilaria Cucchi.

Una stazione mobile, formata da due mezzi, con otto carabinieri e un nuovo comandante, è operativa da questa mattina a Piacenza. Il furgone dei carabinieri è in via Caccialupo, proprio davanti alla stazione che ieri è stata sequestrata, su richiesta della procura della città, dopo l’arresto dei sei carabinieri che ne facevano parte. L’obiettivo del Comando generale dell’Arma è continuare a garantire la funzionalità del presidio al servizio della collettività e per la tutela della legalità. A sole 24 ore dall’inchiesta che a Piacenza ha portato all’arresto per gravi reati dei carabinieri della stazione Levante, e alla sospensione immediata in quanto indagato dell’ufficiale comandante della Compagnia della città emiliana, il comando generale dei carabinieri ha subito nominato il suo sostituto. Si tratta del capitano Giancarmine Carusone, 34enne originario di Caserta, e che proviene dal comando di una Compagnia in provincia di Messina.