Covid, ecco cosa si potrebbe fare per contenere i contagi. A dare le linee guida è il virologo Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta.

Qui di seguito il post integrale di Silvestri:

“Da tempo – si legge in una nota affidata a Facebook – parlo della stagionalità dei virus respiratori, categoria a cui appartiene anche SARS-CoV-2. Qualcuno avrà notato come certi virologi rubati alla vanga hanno insistito – non si capisce se in avversione al sottoscritto o all’ottimismo o Dio solo sa cosa – che, secondo loro, COVID-19 non è stagionale. Il tutto senza capire cosa vuol dire il concetto di stagionalità, che provo a spiegare di nuovo”. 

Primo, stagionalità non significa che il virus non si replichi o non causi malattia nei climi caldi, ma che in queste condizioni tende a causare forme meno gravi. Secondo, non si parla di stagionalità dove le stagioni non ci sono — per cui citare i molti casi in India o in Nigeria o in Arabia o in Colombia non ha molto senso. Terzo, non ha molto senso parlare di stagionalità in climi come nel Sud degli USA (FL, CA, TX etc) in cui anche l’inverno è caratterizzato da temperature intorno a 20-25 gradi, e dove in estate si vive in ambienti con forte aria condizionata. Quarto, la stagionalità non è un concetto in “bianco e nero”, ma ha tante sfumature, come la grande maggioranza dei concetti scientifici, e risente di fattori come umidità relativa, ventilazione, ed altri.

Fatte queste premesse, i grafici qui sopra rappresentano i casi e le morti di COVID-19 in Francia (emisfero Nord) ed Australia (emisfero Sud). Come noto, la maggioranza delle morti in Australia sono state a Melbourne e Victoria, estremo sud del paese. La situazione francese si rispecchia anche in Italia, Germania, Uk, Olanda, Belgio, Austria, Svezia, Svizzera etc (con mortalità appena aumentata in Spagna, dove è pur sempre meno di un decimo di marzo); stessa situazione negli stati del Nord USA (NY, NJ, CT, PA, MA, MI etc) ed in Canada.

Credo che sia una situazione che si spieghi da sola e che non abbia bisogno di grandi commenti: la stagione invernale nei climi non temperati favorisce la mortalità da COVID-19, mentre la stagione estiva la attenua. Questo avviene in modo sganciato dal numero dei casi e probabilmente legato a due fattori chiave che sono presenti in inverno: infezioni a carica virale più elevata e minore efficienza di alcune forme di difesa immunitaria innata.

Perché parlarne adesso? Semplicissimo: perché ci stiamo avviando a quello che sarà la seconda (e credo ultima) stagione autunnale-invernale di convivenza con COVID-19. Le cose da fare sono poche e note, ma ripetiamole ancora:
1. Continuiamo il contenimento/mitigazione della circolazione del virus con le classiche 3T.
2. Prepariamoci a livello di medicina del territorio, strutture ospedaliere e RSA.
3. Limitiamo le infezioni con igiene personale e mascherine al chiuso e dove non è possibile il distanziamento personale.
4. Vacciniamoci contro l’influenza senza tante storie.
5. [MESSAGGIO PER POLITICI E CTS] Cerchiamo di “salire in corsa” sul treno ormai imminente degli anticorpi monoclonali per uso terapeutico e profilattico per soggetti a rischio ed operatori sanitari.

L’estate ci sta salutando, e mentre aspettiamo la vaccinazione di massa per la primavera prossima (se viene prima tanto meglio, ma non contiamoci), cerchiamo di gestire questa ultima grande sfida con intelligenza, coraggio, nervi saldi, serenità e tanto ottimismo.
Sono profondamente convinto che siamo in dirittura d’arrivo di questo brutto lungo viaggio della pandemia — facciamo un ultimo sforzo tutti insieme per arrivare al traguardo ormai sempre più vicino nel miglior modo possibile.