In Sardegna, secondo i dati Cabs, sono stati registrati il 3% dei denunciati per reati venatori nazionali. La provincia che più di altre è affetta dal problema è quella di Cagliari che presenta il 2% del totale dei casi su base nazionale.

E’ probabile però che tale percentuale non rispecchi la realtà: vaste zone dell’isola, e in modo particolare il cagliaritano e il basso Sulcis sono caratterizzate da un’ampia gamma di forme di bracconaggio in danno della fauna migratoria. Si tratta in molti casi di aree di difficile accesso e in buona parte coperte da vegetazione che agevolano l’attività dei bracconieri, ottimi conoscitori dei luoghi.Non a caso la Sardegna ospita uno dei sette blackspot del bracconaggio individuato dal Ministero dell’Ambiente nel piano nazionale redatto in risposta all’apertura del fascicolo EU-Pilot delle autorità europee. Si tratta di un fascicolo propedeutico alla procedura d’infrazione, recentemente chiuso dopo la redazione del suddetto piano. L’Italia, secondo la UE, non avrebbe protetto adeguatamente il suo patrimonio avifaunistico.

La Sardegna oltre a un diffuso bracconaggio presenta un numero particolarmente elevato di cacciatori (35987), rispetto al totale della popolazione.Le Procure riferiscono come nel 2018 siano stati portati in tribunale un totale di 48 procedimenti contro noti, 58 le persone denunciate e 19 i reati commessi da ignoti (mancano all’appello i dati delle procure di Lanusei e Nuoro). A realizzare la vigilanza gli agenti del CFVA – oltre 1400 – con competenze che però spaziano dal contrasto al bracconaggio alla prevenzione incendi boschivi e alla tutela di boschi, parchi, riserve e beni silvo-pastorali degli enti pubblici. A questo numero si aggiungono i nuclei CITES del Carabinieri Forestali e gli interventi specifici della SOARDA con una operazione specifica annuale.

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