“Abbiamo la percezione che il sistema di tracciamento dei contatti non stia più funzionando perchè il numero dei contagiati da Covid sta aumentando in modo spropositato”.

A sottolinearlo è il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Se “questo sistema di tracciamento salta – avverte – è chiaro che non c’è più contenimento della pandemia”. Dunque “bisogna subito rafforzare il personale delle asl dedicato al contact tracing”. Ad ogni modo, “se il trend dei casi non muterà ed i numeri, soprattutto quelli dei ricoveri in rianimazione, continueranno a salire – conclude Anelli – temo che si arriverà inevitabilmente al lockdown come misura estrema”.

“L’immagine della curva relativa ai ricoveri in terapia intensiva, dal primo settembre a oggi, non è una curva lineare. Dal 5-7 ottobre inizia a prendere una piega di tipo esponenziale, in linea con l’aumento dei ricoveri e dell’Rt, o indice di contagio”. Lo ha spiegato Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti e Rianimatori (Aaroi-Emac), intervenendo durante una diretta Facebook insieme ai deputati del Movimento 5 Stelle Massimo Baroni e Nicola Provenza. “Ad oggi – aggiunge – abbiamo ogni 10 casi un ricovero e ogni 10 ricoveri uno in terapia intensiva. C’era chi diceva che gli aumenti fossero lineari ma i dati mostrano che sono esponenziali, ecco perché siamo preoccupati”. Una situazione, quella attuale, che per Vergallo, è anche frutto di affermazioni incaute da parte di esperti in camice bianco.

“Sono arrabbiatissimo, come professionista e cittadino, con colleghi che si sono espressi con affermazioni che hanno danneggiato immagine della scienza italiana e dato informazioni che confondono: sostenere che il virus fosse morto è stato uno sbaglio terribile”. Tra le criticità, “in alcune zone d’Italia, particolarmente al Sud, la difficoltà a trovare il modo per gestite isolamento a domicilio i pazienti Covid-19, e questo crea un iper afflusso in ospedale” che va a gravare in modo rischioso sul sistema. Altra difficoltà è nel conoscere i numeri delle terapie subintensive.

“Mentre i ricoveri in terapia intensiva sono codificati – conclude – non abbiamo un protocollo preciso per chi va in terapia subintensiva, e questo è un problema perché non c’è una classificazione precisa di questi reparti”.