Nessuna illegittimità nel cosiddetto ‘Decreto Invasi’ con il quale nel 2019 il governo ha adottato i criteri di ripartizione delle risorse destinate al Piano nazionale degli interventi nel settore idrico 2020-2028. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dalla Regione Autonoma della Sardegna. Con il ricorso in questione – ne dà conto il Tar nella sua decisione – la Sardegna censurava il decreto sotto due distinti profili: “la cattiva istruttoria, che avrebbe portato a una sostanziale pretermissione delle considerazioni espresse dalla ricorrente nel corso del procedimento in differenti sedi partecipative circa il corretto peso ponderale da assegnare ai due macro-indicatori riportati nel provvedimento del MIT; l’irragionevolezza della decisione adottata, che si porrebbe in contrasto con le finalità perseguite dalla legge e produrrebbe effetti sperequativi in suo danno”.

In relazione al primo aspetto, per il Tar “la decisione finale è stata adottata nella piena consapevolezza della contrarietà espressa dalla Regione, ed è pertanto destituita di fondamento l’affermazione di parte ricorrente secondo cui, in spregio ai principi costituzionali di buon andamento e di leale collaborazione, la sua posizione sarebbe stata ignorata nel corso dell’istruttoria e nelle determinazioni finali adottate”.

Sul fatto che i criteri di riparto delle risorse sono stati calcolati sulla base di due indicatori – la ‘domanda di risorsa idrica’ e la ‘domanda di infrastruttura idrica’ e la cosa sia stata ritenuta “in contrasto con l’esigenza, rappresentata come prioritaria dal legislatore, di intervenire a supporto del potenziamento e dell’adeguamento delle dighe”, per i giudici la censura non coglie nel segno, in quanto “la scelta discrezionale dell’amministrazione di ripartire le somme per il finanziamento degli interventi attribuendo un peso ponderale maggiore al fabbisogno di risorsa idrica piuttosto che al fabbisogno di infrastrutture idriche non risulta in contrasto con la previsione legislativa”. La conclusione è che “alla luce della esaustività dell’istruttoria compiuta dal Ministero e della non manifesta arbitrarietà delle valutazioni tecnico-discrezionali che hanno condotto all’adozione del decreto impugnato, il ricorso deve essere respinto”.