La Procura generale di Milano ha dato parere negativo all’istanza di scarcerazione presentata dai difensori di Cecilia Marogna, la manager coinvolta nell’indagine vaticana sull’ex numero 2 della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu, arrestata nel capoluogo lombardo il 13 ottobre su mandato dell’autorità giudiziaria della Città del Vaticano. La 39/enne cagliaritana era presente stamani nell’udienza a porte chiuse davanti alla quinta sezione penale d’appello in cui si è discusso della richiesta di scarcerazione, istanza presentata dalla difesa in attesa della conclusione del procedimento sull’estradizione. I giudici avranno cinque giorni di tempo per decidere sulla fase cautelare.

Sulla richiesta dei difensori dello studio legale Dinoia i giudici (presidente del collegio Franco Mattacchioni) decideranno in tempi rapidi e comunque entro cinque giorni. Nell’udienza sull’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare è intervenuta il sostituto pg Laura Gay e hanno parlato i legali della donna, che era presente in aula e che è stata portata via dopo l’udienza da un’uscita laterale.

La Corte d’Appello aveva disposto la convalida dell’arresto eseguito dalla Gdf, tramite Interpol, e la misura cautelare in carcere per la “gravità dei fatti” e per il “pericolo di fuga”. La Corte, dopo l’udienza di oggi, dovrà valutare soltanto se sussistano o meno le esigenze cautelari per tenere la 39enne ancora in carcere in attesa dell’eventuale estradizione (il procedimento passerà poi per un’altra udienza) o se basterà una misura meno afflittiva, come i domiciliari.

Marogna è accusata di appropriazione indebita aggravata in quanto dal dicembre 2018 in poi, con la complicità di altre persone, si sarebbe appropriata in maniera illecita di fondi della Santa Sede a lei assegnati per fini istituzionali e che avrebbe utilizzato in parte per spese personali.

Contesta “alla radice” l’arresto e la conseguente misura cautelare la difesa di Cecilia Marogna, la manager coinvolta nell’indagine vaticana sull’ex numero due della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu, perché la 39enne “non poteva essere arrestata dato che l’accordo tra Italia e Vaticano consente l’estradizione dal Vaticano all’Italia, ma non quella dall’Italia al Vaticano”. Lo ha spiegato l’avvocato Fabio Federico dello studio legale Dinoia in merito all’istanza di scarcerazione discussa oggi in udienza a Milano e su cui dovranno decidere i giudici della quinta penale d’appello.

Il legale di Marogna ha chiarito che il primo punto, su cui si basa l’istanza di revoca della misura cautelare, è la mancanza di una “convenzione internazionale” che consenta un’estradizione dall’Italia al Vaticano, perché “in base all’articolo 22 dei Patti Lateranensi” è prevista l’estradizione “dal Vaticano all’Italia ma non viceversa”. E dunque “non si può arrestare una persona per estradarla, se la stessa estradizione non è consentita dagli accordi internazionali”. In secondo luogo, la difesa lamenta che “al momento non ci è stato nemmeno spiegato quali siano le accuse che hanno portato all’arresto, perché non abbiamo a disposizione il mandato di cattura e non lo hanno nemmeno i magistrati milanesi”.

Le notizie che sono uscite nei giorni scorsi, ha chiarito il difensore, “si basano su ciò che ha scritto il promotore di giustizia del Vaticano al Ministero della Giustizia per sollecitare l’estradizione, ma non sulle accuse contestate nel mandato di cattura”. Le carte, ha ribadito, “qua non sono ancora arrivate”. Infine, per la difesa non sussiste nemmeno “il pericolo di fuga” che ha portato all’arresto, perché Marogna “è stata arrestata sotto casa mentre stava andando al supermercato, il pericolo di fuga riguarda chi sta cercando di scappare”.