Gira in queste ore un video di Christian Stevelli, nel quale il candidato sindaco per il centrodestra nella città di Quartu, dopo aver riepilogato i fasti elettorali delle sue liste, stimola i suoi sostenitori ad andare avanti con questa frase: “Ajò, scidai su sonnu e diamogli una passata di schiaffi“.

A chi gli schiaffi? Ovviamente a noi che non sosteniamo Stevelli e votiamo Milia. Stevelli mi conosce, vuole schiaffeggiare anche me?

Qui sta il punto. Perché, per incitare alla competizione elettorale, si sente il bisogno di evocare un’immagine così cruenta come gli schiaffi?
Perché la massima espressione della vittoria deve culminare in un gesto umiliante per l’avversario?
È chiaro che è un’immagine figurata, ma è proprio la sua carica metaforica che è insopportabile: non si vogliono dare schiaffi reali, ma comunque si ritiene normale desiderare l’umiliazione dell’avversario. Se per provare il piacere della vittoria, si ha bisogno dell’umiliazione dell’avversario, c’è qualcosa di malato in quel piacere.

Mio nonno venne schiaffeggiato nella piazza del Comune della Maddalena dai fascisti perché non indossava la camicia nera e quando sentiva parlare di Mussolini diceva “Quiddu buffoni!”; viceversa, se sentiva nominare Garibaldi, si alzava in piedi.

Esistono persone che hanno dei riflessi automatici di lotta e di contrapposizione quando si trovano di fronte i colletti bianchi maneschi, sbrigativi, liquidatori.

Esistono persone che ritengono gli altri dei sacrari inviolabili sui quali nessuno, ma proprio nessuno, non solo non deve alzare un dito, ma neanche desiderarlo.

Ovviamente, lo spin doctor di Stevelli potrà dire “Me ne frego“; potrà dire che questo blog non è letto da nessuno (non proprio….), potrà dire che si tratta di una frase scherzosa fraintesa. Però, è sempre meglio che si segni, lo spin doctor, che gli schiaffi evocati non solo non sono graditi e percepiti come volgari e violenti, non solo saranno con certezza restituiti se realizzati, ma sono una brutta sopresa che segnano i rapporti umani prima di quelli politici.

di Paolo Maninchedda, dal suo Blog personale Sardegna e Libertà