In Sardegna, secondo quanto comunica il sindacato Unsic, sono 2.600 i contagi ‘scolastici’, che hanno causato la messa in quarantena di studenti, maestri, insegnanti, svuotando così intere classi.

“Purtroppo i dati sono scarsi e non sempre attendibili, perché difficili da rilevare”, spiegano dall’Ufficio comunicazione della sigla. Il contributo delle scuole alla diffusione del virus- continua Unsic- soprattutto in modo indiretto attraverso i trasporti e gli assembramenti in strada emergerebbe anche da diversi indicatori. Innanzitutto i numeri: se dall’apertura delle scuole fino al 30 settembre sono stati individuati in Italia 25.461 nuovi casi, con una media di 1.500 al giorno, ad ottobre s’è raggiunta la cifra complessiva di 364.571, 11.760 al giorno, quasi otto volte di più. Numeri molto simili- secondo lo studio- si riscontrano in tutti i Paesi europei che hanno riaperto le scuole. “Pur riconoscendo il valore pedagogico della scuola in presenza, avremmo dovuto adottare la didattica a distanza per le superiori sin dal 14 settembre per attenuare la curva esponenziale esplosa non a caso due-tre settimane dopo, così come abbiamo profetizzato sin dall’estate – spiega Domenico Mamone, presidente dell’Unsic- in subordine si sarebbe potuto far partire le scuole superiori a novembre, recuperando il mese a giugno, riservando la Dad per l’apprendimento e lasciando in presenza le interrogazioni. Inoltre, anziché impegnare centinaia di milioni in banchetti e mascherine, sarebbe stato più utile prevedere un presidio sanitario fisso nelle scuole, la formazione informatica per i docenti e implementare fortemente gli apparati tecnologici”.

E ora? “Visto il trend- conclude il sindacato- bisognerà evitare di tornare indietro, cercando invece di migliorare la didattica a distanza, modalità che volenti o nolenti ci dovrà accompagnare a lungo per evitare di peggiorare la situazione”.