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“Lo chiamano “piano casa”, l’ennesimo, ma non c’entra nulla con l’autentico piano casa che negli anni ’50-’60 del secolo scorso fornì davvero una casa a milioni di Italiani dopo le devastanti distruzioni della II guerra mondiale. Questo è solo un piano per la speculazione edilizia”.

E’ il duro attacco dell’associazione ambientalista Gruppo di Intervento giuridico che parla di un “bulimìa cementizia di una politica tanto miope quanto deleteria, che vuol rendere la Sardegna un miserabile contenitore di metri cubi e poco più”. L’associazione ecologista Gruppo d’intervento Giuridico annuncia di volere avviare “tutte le necessarie azioni perché la legge regionale scempia-coste finisca davanti alla Corte costituzionale come già avvenuto per le leggi regionali sarde concernenti la privatizzazione strisciante delle spiagge mediante permanenza di chioschi e altre strutture balneari, l’ennesima illegittima proroga del c.d. piano casa e l’interpretazione autentica che consentirebbe la riscrittura del piano paesaggistico regionale”.

“Oltre 37.500 cittadini hanno già sottoscritto la petizione per la salvaguardia delle coste sarde, per il mantenimento dei vincoli di inedificabilità costieri, i vincoli di inedificabilità nella fascia dei 300 metri dalla battigia marina, stabiliti dalle normative vigenti e dalla disciplina del piano paesaggistico regionale – aggiunge il Grig – Altro cemento sulle coste non vuol dire turismo, significa solo degrado ambientale e perdita di attrattiva.

Eppure, oltre al pesante degrado della risorsa ambientale, che allontanerebbe parecchi turisti, basterebbe evidenziare in proposito il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana, ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria) – conclude l’associazione – I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare”.