Undici regioni finiscono nel mirino delle associazioni ambientaliste e animaliste, che le accusano di violare sistematicamente i Dpcm del governo sulle misure di contrasto al Covid, “mettendo concretamente a rischio la salute dei cittadini”.
A certificare questa tendenza, secondo Wwf, Enpa, Lav, Legambiente e Lipu, è il pronunciamento della Corte Costituzionale, che con ordinanza del 14 gennaio scorso ha disposto la sospensione dell’efficacia della legge della Regione Valle d’Aosta del dicembre scorso sulle misure di contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2.
Con tale legge regionale, come precisato dalla Consulta, la Regione ha, tra l’altro, individuato attività sociali ed economiche, tra le quali la caccia, il cui svolgimento è consentito, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, anche in deroga a quanto contrariamente stabilito dalla normativa statale, recante misure di contrasto alla pandemia da Covid-19. “In tal modo – sottolineano le associazioni – la legge regionale impugnata, si è sovrapposta alla normativa statale, in un ambito di competenza esclusiva dello Stato, portando al “concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore; il che prescinde dal contenuto delle ordinanze in concreto adottate”.
La tendenza a violare i Dpcm riguarda almeno 11 regioni, dalla Valle D’Aosta alla Puglia e alla Calabria, dall’Abruzzo alla Toscana, dalla Campania alla Lombardia, dal Molise all’Umbria e alla Sardegna fino al Veneto. Le Associazioni di protezione ambientale hanno già da tempo denunciato al Governo e alle stesse regioni, questa pericolosa deriva che sacrifica, in maniera ingiustificabile, la tutela della salute sull’altare degli interessi elettoralistici producendo diseguaglianze e disparità di trattamento tra i cittadini e continueranno a denunciare, tanto in sede istituzionale, quanto in sede giudiziaria, ogni futuro simile tentativo.
