parte-la-rivoluzione-a-scuola-dall-and-rsquo-autunno-in-classe-col-tablet

Strano momento questo per gli orientatori della scuola pubblica superiore. Dai momenti cupi e oscurantisti di una decina d’anni fa, dove l’orientamento si era ridotto, in un’area come quella di Cagliari città metropolitana, a vetrina di centri commerciali, che non sono proprio i luoghi ideali per l’apprendimento, e che riducevano l’orientamento a intrattenimento, si è passati, causa pandemia, agli orientatori smart worker, docenti costretti a muoversi come influencer, come fossero Fedez e Chiara Ferragni. L’obiettivo di un docente orientatore dovrebbe essere comune, combattere la dispersione scolastica isolana, che dal passaggio scuole medie inferiori a scuole medie superiori diventa la più alta d’Europa. Armati della conoscenza dell’offerta formativa del proprio Liceo o Istituto, consapevoli e informati sull’offerta formativa degli altri Licei e Istituti, si dovrebbe indirizzare il singolo studente verso il migliore percorso di studio, tentando di capirne e carpirne le passioni, il talento, le intenzioni, le emozioni, l’indole, le pulsioni, conoscerlo mentre ci si presenta.

Spesso l’interazione della comunicazione diventa imposizione, talvolta si prospettano possibilità di lavori definiti, come se un docente fosse un navigator che cerca lavoro a chi chiede reddito di cittadinanza. On-line fioccano video con i volti degli studenti più belli del proprio percorso di studio, video di studenti che descrivono quanta sia meraviglioso il proprio percorso formativo, questo è un reale deterrente contro la dispersione scolastica? L’orientamento al tempo del Covid 19 pare essere diventato video e spot promozionali a distanza che raccontano realtà formative in presenza, come se le problematiche della scuola superiore e l’attuale pandemia in corso non avessero nulla in comune. In privato tristi ragionamenti tra orientatori, mettendo le mani avanti, associano eventuali cali d’iscritti all’andamento demografico delle nascite, come se gli Istituti di formazione mineraria e le miniere, debbano la loro progressiva chiusura al calo demografico. Non esistono ricette, se non veicolare un messaggio rivolto a tutti gli studenti, quello di ascoltarsi, di manifestarsi, d’autodeterminarsi, d’assumersi le responsabilità di una prima scelta, di non farsi trattare come merce, perché in questo bombardamento questo rischiano d’essere. Peccaminoso deviare uno studente dal suo talento, dalla sua passione e vocazione. Chi si occupa del benessere di quello studente? L’orientatore dovrebbe avere la possibilità di conoscere il profilo in uscita dello studente nell’area d’indirizzo, eventualmente motivare e sostenere, mai forzare.

Il Covid 19 e l’orientamento a distanza in videoconferenza hanno evidenziato, come un’azione idealmente volta a un interesse comune, sia un percorso da individuare attraverso una rete di reciproca fiducia istituzionale e di riconoscimento del lavoro e ruolo dell’altro (nodali sono le famiglie, le funzioni strumentali delle medie inferiori e la loro capacità d’ascolto e osservazione empatica degli studenti), l’esatto opposto che promettere mari e monti attraverso strategie di marketing via social network. Il fatto che il cinquanta per cento degli studenti isolani non arrivi al diploma, è dato assurdo in una chiave Europea. Fare l’orientatore vuole dire nell’ambito di una rete pubblica istituzionale, studiare gli studenti in formazione e diagnosticare un successo formativo possibile. Primi in Europa per emigrazione giovanile, dispersione scolastica (aumentata in tempo di Covid 19), questa è una scuola che sa fare fronte comune e rete formativa sociale? A cosa giova incentivare un sistema di comunicazione basato sulla competizione tra Licei e istituti, tra singoli Licei e singoli istituti, che ha come riflesso evidente quello di demotivare allo studio, tramutando simbolicamente (talvolta con una pessima informazione giornalistica a sostegno di questo) un diploma in un brand di distinguo di classe sociale da esibire come una felpa o come l’ultimo modello di iPhone? Scuola pubblica e democrazia non dovrebbero avere nulla a che vedere con competizione e selezione, dovrebbero essere relazione, discussione, interazione e movimento cognitivo che consenta d’adattarsi a contesti e scenari variabili forti di un metodo di studio. Forse sono maturi i tempi per fare dell’orientamento qualcosa che vada oltre le funzioni strumentali, dandogli la dignità di disciplina di studio trasversale, magari relazionata all’educazione civica. Non servono in questo tempo della storia della pubblica istruzione isolana, esperti di marketing o influencer, ma intelletti che sappiano leggere il marketing cavalcandolo in una prospettiva di crescita formativa comune.

Il rischio è quello di pensare che l’istruzione di massa, altrimenti che passare per la pubblica istruzione, passi attraverso i social network, e che basti un’accurata strategia di web marketing per vendersi come artisti, fosse vero si potrebbe pensare che fenomeni artistici del web, come Jago e Federico Clapis, siano dei Michelangelo contemporanei. Come dite: Jago ha una sua scultura collocata in Piazza del Plebiscito a Napoli e che all’Exmà di Cagliari espone Federico Clapis? Ecco cosa accade a pensare che arte, cultura e studio siano qualcosa che non necessita, d’orientamento, formazione e dedizione quotidiana, si finisce col pensare che le immagini siano uno strumento di consenso determinato dai mi piace e i follower, che tutto sia possibile anche senza formazione specifica, che lo studio sia un talent show come X-Factor o Amici, fosse così non ci sarebbe mai stata alcuna evoluzione cognitiva in noi sapiens. Mi stavo appunto chiedendo, a Cagliari dove un orientatore sa bene che un’Accademia di Belle Arti non è mai nata, per formare un artista o uno scultore contemporaneo, basterà illustrare, senza discuterne il talento, come Jago e Federico Clapis abbiano saputo utilizzare strategicamente Facebook e Instagram?

L’opinione di Mimmo Di Caterino