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Vaccini obbligatori per i medici? La Fials con un lungo comunicato risponde in merito ad alcune affermazioni effettuate dal Direttore del POU (Presidio ospedaliero unificato) durante un’intervista in una emittente locale online. “L’obbligo di vaccinarsi in ambito lavorativo – scrive la Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità  – è del tutto inesistente ed il non sottoporsi alla vaccinazione da parte del singolo operatore non costituisce sotto alcun profilo argomento di giuridico interesse per il datore di lavoro”.

In base a quanto riportato dal sindacato, il Direttore “si avventura fantasiosamente nel terreno del diritto previdenziale, dichiarando che, qualora qualche collega no-vax dovesse ammalarsi, ‘noi ci opporremo affinchè non possa fare causa all’INAIL e che il caso venga portato davanti al giudice’. Il Direttore del POU dovrebbe spiegare chi sono questi ‘noi’ ed in che modo essi potrebbero opporsi ad un diritto di agire che è ancora costituzionalmente garantito. Dovrebbe anche tener conto che il diritto alla tutela da infortuni sul lavoro (e tale è per legge l’infezione da Covid) nasce direttamente dalla legge, per il solo fatto dell’adibizione a una delle attività elencate nel DPR n. 1124/1965. Tale diritto prescinde da qualsivoglia iniziativa del datore di lavoro, ed opera perfino contro la volontà di quest’ultimo, posto che per legge la gestione completa del rapporto assicurativo è prerogativa dell’INAIL e soltanto dell’INAIL, inclusa la determinazione in ordine all’indennizzabilità del caso”.

Oltretutto, sottolinea Fials, “la circostanza che l’assicurazione pubblica opera a prescindere dall’iniziativa del datore di lavoro non implica affatto che questi non sia obbligato ad adottare tale iniziativa, che anzi se non la adotta incorre in sanzioni pecuniarie e segnalazione alla Corte dei Conti se il datore di lavoro è pubblico. E l’infortunio da infezione da coronavirus a carico degli operatori sarà indennizzato a prescindere dalla vaccinazione – ricorda – senza che nemmeno possa ipotizzarsi alcun rischio elettivo, che si configura quando l’evento lesivo, pur verificatosi in occasione della prestazione di lavoro, o di attività ad essa propedeutiche o strumentali, sia dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o a impulsi”.

E ancora. “Forse è opportuno rammentare in proposito al Direttore del POU, se interessato, che ai singoli datori di lavoro non possono essere imputati eventi che siano conseguenti al ‘rischio accettabile’, se non nel caso in cui gli stessi abbiano omesso di dare attuazione alle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro individuate dai protocolli condivisi sottoscritti fra il Governo e le parti sociali e successive modificazioni e integrazioni, e dagli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 3, o in mancanza dai protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Più in generale, “l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione è inesistente non soltanto in ambito lavorativo, ma anche riguardo alla popolazione, così come inesistente dovrebbe essere prima di sottoporsi alla vaccinazione, se questa è una libera scelta dell’essere umano, l’obbligo di sottoscrivere una liberatoria, mai contemplato nelle vaccinazioni fino ad oggi eseguite. Esso non è previsto, né implicitamente né esplicitamente, da alcuna norma. Non è desumibile neppure dal dettato costituzionale, posto che il diritto alla salute è uno dei tanti diritti, che deve essere sempre ponderato con gli altri di pari rango. Sarebbe anzi vietato dalla costituzione, alla luce della quale nessuno può essere sottoposto obbligatoriamente a trattamenti sanitari di sorta”.

In conclusione, scrive Fials, “ci dispiace dover riscontrare, ancora una volta, la necessità di stigmatizzare le modalità comunicative utilizzate dal Direttore del POU per esortare i lavoratori a determinate scelte, modalità discutibili poiché tendenti a defraudare questi ultimi di una libertà individuale sancita costituzionalmente”.