“Si fa ma non si dice”. Riprende la celebre canzone di Milly, regina del cabaret colto degli anni ‘60, il titolo del nuovo spettacolo targato La Fabbrica Illuminata: un recital musicale sulla “canzone nuova nel teatro cabaret in Italia”, online – in tre puntate sulla pagina Facebook della compagnia –  domenica (28 febbraio) alle 19 e, a seguire, il 28 marzo e il 30 aprile alla stessa ora.

In scena l’attrice, cantante e direttrice artistica della Fabbrica Illuminata Elena Pau, e l’attore, mimo, fantasista, trasformista Gianni Dettori, accompagnati dal quartetto di musicisti formato da Roberto Deidda alla chitarra, che firma la direzione musicale dello spettacolo, Giuseppe Joe Murgia al sax, Alessandro Atzori al contrabbasso e Daniele Russo alla batteria.

I testi e le musiche per il primo dei tre capitoli dello spettacolo sono di Cherubini, Blanchini, Bixio, Neri, Simi, Gaber, Monti, Mendes, Mascheroni, Borella, Ranzato

Umberto Eco in un numero della rivista Sipario del 1963  scriveva che il cabaret in Italia non ha mai preso il volo”, recitano le note sullo spettacolo. “La nostra rivista da camera Si fa ma non si dice si muove in una dimensione canora per quei tempi di rottura attraverso un repertorio di coraggiosi interpreti, veri giganti degli allora spettacoli teatral – musicali in Italia.

Tra ballate e irriverenze ripercorriamo la satira intelligente di quei giganti che sono riusciti ad aprire un varco verso un nuovo repertorio che andasse al di là delle canzonette della nostra tradizione melodica: Paolo Poli, Laura Betti, Maria Monti, Milly, ed una piccola incursione nel teatro di Dario Fo.

La televisione di una volta ha permesso a questa costellazione di canzoni raffinatissime di arrivare al grande pubblico. Ed oggi noi ve le proponiamo come segno di un momento quasi antico forse, ma impregnato di quel che è l’oggi e di quel che sarà il domani. Che satira sia!”.

Eco scriveva: “Il costume italiano vive ancora sulle (e trova il suo simbolo nelle) canzonette. Il mandolino e la luna sono un momento del nostro volksgeist, ahimè. Il potere sociale della canzonetta è difficile da intaccare perché riposa sui meccanismi dell’abitudine, che è fattore di conservazione”. Ecco che in quell’epoca si affermava un controcanto, “una nuova schiera di autori e cantanti impegnati in varie direzioni di proposta”.

E ancora: “C’è stata una presa di coscienza dei fatti di costume e della realtà storica, ma si è tradotta in un “cantar contro pigrizia” che ha avuto una funzione estraniante di primo piano – e che ha fatto di questo filone un fatto nuovo sul piano estetico, oltre che su quello di costume”. Si fa ma non si dice fa riflettere su quella eccezionale stagione creativa.