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Il 14 Aprile 2021 si è riunito il comitato esecutivo della CISL sarda per esaminare la situazione politica e sindacale, con particolare attenzione alla valutazione dello stato dell’arte sul versante sanitario e delle vaccinazioni in esecuzione, oltre che sul versante economico e sociale, per i riflessi fortemente negativi indotti sulle famiglie, sulle imprese, ed, in definitiva, sull’intera comunità sarda, dalla pandemia in atto.

“A poco più di un anno dalla esplosione della pandemia e dall’adozione dei vari provvedimenti di contenimento del contagio, registriamo ancora, nel mezzo di una preoccupante terza ondata, record di vittime e di contagi ed una esasperante lentezza nelle vaccinazioni in Sardegna, non solo effetto di scarsi approvvigionamenti di dosi, ma anche di una inappropriata ed approssimativa organizzazione sanitaria, che relega la Sardegna nelle ultime posizioni del paese per somministrazioni ed, in particolare, la definisce fanalino di coda nelle vaccinazioni degli ultraottantenni e dei soggetti fragili”. Lo scrive in un comunicato stampa la Cisl Sardegna.

Che prosegue: “La Sardegna si colloca nella zona rossa, a più alta percentuale di contagi nel Paese, con forti implicazioni negative sia sulla liberta delle persone che sulle attività economiche, determinando un incremento rapidissimo del processo di impoverimento delle famiglie, delle Persone, come anche del sistema economico generalmente inteso. Si evidenzia nell’Isola un forte calo della forza lavoro, che a fine 2020 si attesta in complessive 639.500 unità, con segno negativo in tutti i trimestri rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente: -1,4% nel primo, – 10,5% nel secondo, -5,8% nel terzo, -7% nel quarto; mentre il tasso di disoccupazione si attesta, sempre a fine 2020, al 15,3%. Tutto ciò si verifica pur in presenza del blocco dei licenziamenti e l’adozione di ammortizzatori sociali a causale covid-19, il che, tuttavia, non impedisce a numerose imprese, specie del terziario, alberghi e ristorazione di chiudere le proprie attività per decisioni proprie o per fallimento delle stesse iniziative imprenditoriali”.

Inoltre, aggiunge la Cisl, “si verifica anche nelle prime rilevazioni del 2021 l’evidenza di dati ancora più negativi ed allarmanti rispetto agli stessi periodi di riferimento dell’anno precedente. L’ultima rilevazione INPS del 23 marzo 2021, documenta un flusso di pratiche relative all’intera varietà di ammortizzatori sociali di 141.370 pratiche, con dati relativi alla erogazione della Cassa Integrazione Guadagni e dei fondi di solidarietà che, mentre a fine 2020 assommavano a circa 55 milioni di ore si attestano per i soli gennaio e Febbraio 2021 a circa 6,5 milioni di ore (nel 2018 e 2019 sono state rispettivamente 2.1 milioni e 3.4 milioni le ore complessive). Ancora la stessa rilevazione ci dice che i redditi e pensioni di cittadinanza per i primi due mesi dell’anno hanno riguardato 51.312 nuclei familiari, 102.167 persone coinvolte, per un importo medio di 522 Euro, mentre le pensioni in Sardegna assommano a 474.271, per un importo medio di 771 euro.
Com’è evidente dai dati, la situazione nelle nostre comunità si fa di giorno in giorno più grave fra attività che chiudono, falliscono o non aprono nella stagione turistica alle porte (già ormai fortemente compromessa) e fenomeni di forte incremento della povertà delle famiglie e delle persone, che conducono ai centri di ascolto e di carità, oltre che ai servizi sociali dei comuni (spesso privi di mezzi e risorse per assistenza) fasce sociali inedite all’anagrafe dell’assistenza”.

Da tempo la CISL Sarda, singolarmente ed insieme a CGIL e UIL ha “ripetutamente sollecitato il Presidente della Giunta ad uscire dal proprio isolamento e aprire al confronto ed al contributo delle parti sociali per individuare le priorità di intervento atte a fronteggiare le sempre più gravi emergenze sia sul versante sanitario che su quello del lavoro e della coesione sociale. In ormai due anni di legislatura – prosegue la nota – dopo aver condiviso un impianto, poi completamente disatteso, di relazioni e coinvolgimento delle parti sociali sulle scelte più importanti di legislatura, abbiamo assistito alla emissione di provvedimenti da parte della Giunta senza alcun confronto di merito, a partire dalle leggi finanziarie e di bilancio per proseguire con la riforma della sanità, degli enti locali, per citare solo quelle più rilevanti”.

Provvedimenti, incalza il sindacato, “quelli di ordine finanziario e di bilancio, di natura tecnica, come sono stati denominati dalla Giunta, che in generale non hanno inciso in maniera significativa sulle priorità ed emergenze presenti, anche in ragione di una scarsa capacità attuativa della Regione; mentre i provvedimenti di riforma hanno generato sovrapposizioni, confusione organizzativa e non hanno certo migliorato i servizi alla comunità ed alle persone nel caso della sanità, per non parlare di altri che rischiano di essere assoggettati ad impugnazione da parte del Governo, come la riforma degli enti locali, cosi come è già successo per il piano casa, sostanzialmente annullato dalla corte costituzionale”. Sulle infrastrutture, La Cisl Sardegna scrive che “l’iniziativa della Giunta e della Presidenza in particolare, nel rapporto con lo stato, non si è certo distinta per iniziativa e risultati conseguiti. Permane ed anzi si aggrava la situazione relativa alle infrastrutture energetiche e di trasporto, il tema della continuità territoriale aerea e marittima, la sanita, gli interventi sull’istruzione, mentre si innalza ulteriormente il livello di allarme in tutta l’isola per il complesso delle vertenze industriali ancora insolute (chimica, metallurgia, trasporto aereo, porto canale ed altri ancora), nel mentre altre vertenze avanzano in maniera preoccupante, come la raffinazione. A più riprese la CISL insieme alle altre parti sociali ha sollecitato a il Presidente della Giunta ad aprire un confronto con il sindacato per condividere strategie ed interventi urgenti da mettere in campo anche per la soluzione delle crisi industriali e del lavoro, ma non è arrivata purtroppo alcuna risposta”.

Insomma, “la Regione deve assolutamente cambiare impostazione ed aprirsi al confronto con le parti sociali, sia sui temi della emergenza sanitaria, economica e sociale in atto, come sulla programmazione dello sviluppo, che può oggi basarsi su una straordinaria opportunità derivante da una quantità di risorse estremamente rilevante da assegnare alla Sardegna nei prossimi anni: il programma Next Generation EU, il Quadro comunitario di sostegno 2021-2027, il Fondo di sviluppo e coesione, solo per citare il novero dei sostegni più rilevanti. Occorre cogliere la straordinaria opportunità offerta dal complesso delle risorse che saranno destinate al nostro Paese, oltre 300 miliardi di Euro, di cui circa il 50% da destinare al sud e quindi anche alla Sardegna, la maggior parte delle quali dovranno essere spese nei prossimi 3 anni, come è il caso del dispositivo per la ripresa e resilienza per il quale Il Governo dovrà depositare il proprio Piano di investimenti (PNRR) alla Commissione Europea entro il prossimo 30 Aprile.
E’ un opportunità, questa, che non possiamo perdere! Occorre in primo luogo anche nell’Isola tradurre in azioni e progetti il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza, nelle sue 4 sfide (1-migliorare la resilienza e la capacita di ripresa del paese, 2-ridurre l’impatto economico e sociale della crisi pandemica, 3- sostenere la transizione verde e digitale, 4-innalzare il potenziale di crescita) e 6 missioni (1-digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; 2-rivoluzione verde e transizione energetica; 3-infrastrutture per la mobilità; 4-istruzione, formazione, ricerca e cultura; 5-equità sociale, di genere e territoriale; 6-salute).
Al di la della necessaria coerenza degli interventi progettuali rispetto ai vincoli e prescrizioni della programmazione europea al nuovo modello, rimane fondamentale per la Sardegna affrontare i temi critici alla base del suo ritardo di sviluppo: diseconomie legate all’insularità, dimensione e configurazione giuridica delle imprese, inefficienza della Pubblica Amministrazione, aumento disoccupazione giovanile e di genere, aumento fenomeni di povertà materiale ed educativa, alta dispersione scolastica, scarsi investimenti in ricerca, spopolamento, inadeguatezza del sistema sanitario e assistenziale”.

“In che misura, con quali progetti ed azioni, con quali tempi, con quali modalità territoriali, in quali segmenti sociali, in quali settori della PA, con quante risorse, con quale governance, con quali strumenti della programmazione, la Regione intenda farsi carico delle problematiche connesse alla crisi economica dell’isola, sono purtroppo ancora tutte domande senza risposta. La inadeguatezza della Regione, sia nel fronteggiare l’emergenza sanitare ed economica e più ancora sulla mancanza di una politica ed una programmazione efficace, è del tutto evidente. Permangono per la CISL Sarda tutte le motivazioni alla base della prevista e poi sospesa mobilitazione unitaria del 26 marzo u.s. ed in tal senso il comitato esecutivo condivide la necessità, pur nel momento di difficoltà dettato dall’incremento dei contagi, di promuovere di ogni iniziativa utile sia denuncia esterna, che di sensibilizzazione dei diversi gruppi politici presenti in consiglio regionale, dello stesso governo nazionale, per promuovere, sui temi dell’emergenza e della promozione dello sviluppo, un confronto della Presidenza della Giunta con le parti sociali, non solo necessario e consolidato dalla prassi, ma utile alla stessa azione di governo della Regione. In tal senso, il comitato esecutivo della CISL Sarda ritiene utile il consolidamento dell’azione unitaria con CGIL e UIL e promuovere l’allargamento della condivisione di obiettivi e lo stabilire possibili iniziative comuni con altre organizzazioni di rappresentanza. Occorre prioritariamente promuovere la partecipazione delle rappresentanze economiche e sociali alle scelte dello sviluppo e del lavoro. Le istituzioni, anche quando sono forti, e, purtroppo, non è questo il momento, non sono sufficienti da sole a governare i problemi posti dalla complessità della globalizzazione e dalla integrazione dei sistemi economici e finanziari, dalla stessa emergenza pandemica. Serve una cultura politica in grado di costruire istituzioni in senso più ampio, cioè luoghi, occasioni e politiche, condivisi e diffusi, in grado di riconoscere e valorizzare la pluralità delle istituzioni di governo e le rappresentanze sociali. Ovviamente il presupposto è che a tutto ciò si accompagni la capacità dei gruppi dirigenti, e una buona politica che faccia dell’interesse generale, della cooperazione e della condivisione la bussola del proprio agire quotidiano”, conclude il comunicato.