Ieri, al TG nazionale delle 13, hanno riportato la notizia del probabile vaccino per i calciatori. Mi sa che mi compro una palla“. Lo scrive Paolo Fresu sui social, in merito alla situazione in cui si trova tutto il mondo dello spettacolo da ormai un anno a questa parte. Su quanto accaduto domenica sera in piazza Duomo a Milano, il musicista di Berchidda scrive: “Al di là delle foto dei tifosi milanesi ammassati che non rispettano le regole del distanziamento, soprattutto non rispettano coloro che le regole le rispettano, in questo paese non si può parlare solo di calcio“.

Fresu lamenta sul suo post la mancata attenzione da parte dei media su altro un punto del “pluridiscusso intervento di Fedez al concertone del Primo Maggio a Roma“, in cui ha parlato del tema “della difficoltà nel mondo dello spettacolo e della cultura“, tema che “non è stato riportato da nessuno e poco interessa se centinaia di migliaia di lavoratori sono alla fame“.

Molte le difficoltà che gli attori del mondo dello spettacolo stanno affrontando, come quelle legate al vaccino. “Io sono un musicista che gira il mondo e attendo il mio turno che non so quando sarà. Nel frattempo gli unici concerti che ho dato dalla fine dell’ottobre scorso sono stati due, Modena e Echternacht in Lussemburgo. In partenza per questo ultimo dall’aeroporto di Bologna non mi è stato permesso di salire su un aereo alle 6.30 del mattino perché il certificato del tampone fatto il giorno prima, nella mia città, era in italiano. Pensate se in tre giorni avessi dovuto muovermi (cosa che capita spessissimo) in tre paesi diversi e magari fare transito in altrettanti“.

Passerò l’estate così – prosegue Fresu – visto che la prenotazione dei vaccini in Emilia Romagna per gli over sessanta non si potrà fare (forse) prima del 10 maggio e non potrò avere il certificato vaccinale se non quando mi sarà inoculata la seconda dose. Forse alla fine dell’estate e a seconda della tipologia del vaccino che, giustamente, non spetta a me decidere“.

Insomma, il mio tempo estivo, se vorrò lavorare dopo un anno di fermo, sarà un incubo tra tamponi, certificati e quarantene in una Europa che ancora una volta sembra non avere volto definito e, soprattutto, un piano pandemico e di sicurezza uguale per tutti i paesi membri“, conclude.