Regione Sardegna, terapie intensive pediatriche: audizioni in Commissione Sanità

Sono 202, in Italia, i posti letto di terapia intensiva pediatrica allestiti in 23 reparti. Non tutte le regioni, sette in tutto,  possono però contare su questo importante servizio. Tra queste la Sardegna dove è assente un reparto per la cura intensiva dei casi più critici. Eppure la programmazione sanitaria regionale aveva previsto la creazione di due posti letto di terapia intensiva pediatrica presso l’ospedale San Michele di Cagliari. Con l’esplosione della pandemia Covid19 la Giunta regionale era andata oltre: una delibera dell’esecutivo, approvata nel luglio dello scorso anno, aveva dato il via libera a sei posti letto aggiuntivi da allestire presso il Policlinico di Cagliari.

Una decisione che però non ha ancora trovato attuazione. Sul caso, il Gruppo dei Progressisti in Consiglio regionale ha presentato un’interrogazione all’assessore alla Sanità Mario Nieddu. La questione è stata affrontata in mattinata dalla Commissione Sanità. «In Sardegna – ha detto il primo firmatario dell’interrogazione Francesco Agus (Progressisti) – sono attivi solo posti letto di terapia intensiva neonatale, dedicati al trattamento di neonati al di sotto dei 30 giorni di vita. Gli altri bambini, in caso di emergenza, vengono trattati nei reparti di terapia intensiva per adulti. Per gli interventi chirurgici complessi l’unica soluzione è il trasferimento in una struttura specializzata della penisola. E’ una situazione alla quale occorre porre rimedio attivando, il prima possibile, un reparto di terapia intensiva pediatrica. Ciò consentirebbe di dare un servizio fondamentale ai cittadini sardi».

La Commissione guidata da Domenico Gallus, ha sentito il direttore generale dell’Assessorato alla Sanità Marcello Tidore, il commissario dell’Azienda Ospedaliera Brotzu Paolo Cannas, Alberto Lai (SSD Anestesia pediatrica del Brotzu), Luigi Mascia (Dipartimento pediatrico Brotzu), Osama Aljamal (Federazione italiana medici pediatrici), Rossella Mura (Società italiana di pediatria) e Alessandra Reali (Società italiana di neonatologia).

«La Regione ha avviato una fase di studio per verificare la presenza dei requisiti minimi necessari all’attivazione del servizio di terapia intensiva pediatrica – ha detto il direttore generale della Sanità Marcello Tidore – nel triennio 2017-2019 in Sardegna abbiamo avuto 87 ricoveri di pazienti in condizioni critiche, di questi solo 50 sono dovuti entrare nei reparti di terapia intensiva. C’è da dire però che, anche con i posti letto attivati, sarebbero stati trasferiti ugualmente in altre strutture specializzate per la complessità dei casi (interventi di cardiochirurgia, chirurgia pediatrica, terapie ematologiche etc)».

Sui costi, Tidore ha chiarito che il trasferimento di un piccolo paziente in una struttura della Penisola costa in media circa 17500 euro a cui si aggiungono le spese per gli accompagnatori. «In media abbiamo speso circa 160mila euro all’anno. La creazione di un reparto di terapia intensiva pediatrica avrebbe un costo molto più elevato. Per renderlo operativo 24 ore su 24 c’è bisogno di 18 operatori: 6 anestesisti, sei infermieri e sei operatori sanitari. Questo però non è un problema se c’è la volontà politica. La principale difficoltà è reperire personale specializzato: in Sardegna mancano anestesisti in molti ospedali, sarebbe ancora più complicato trovare medici specializzati in anestesia pediatrica».

Stesse considerazioni da parte del Commissario del Brotzu Paolo Cannas: «Dal punto di vista logistico non ci sono problemi, il nodo è quello della dotazione organica. Occorre reperire personale specializzato, oppure prevedere un piano di formazione. Per entrare a regime bisognerebbe procedere per gradi con un piano pluriennale».

A favore dell’apertura di un reparto di terapia intensiva pediatrica si sono pronunciate Rossella Mura (SIP) e Alessandra Reali (SIN). «Occorre colmare questo vuoto – ha detto la responsabile della Società italiana di neonatologia – noi assistiamo i bambini appena nati ma, superati i 30 giorni, vengono affidati alle cure dei reparti intensivi per adulti». Per Rossella Mura è necessario individuare un percorso assistenziale anche per chi ha patologie croniche complesse: «La creazione di un reparto di terapia intensiva pediatrica sarebbe utile non solo per far fronte alle emergenze ma anche per assistere al meglio i bambini con malattie importanti che hanno bisogno di un’assistenza adeguata».

Secondo Osama Aljamal (Federazione italiana medici pediatrici) «la pandemia ha evidenziato nuovi bisogni. Abbiamo assistito a un aumento delle patologie croniche. Per questo la terapia intensiva pediatrica è una necessità reale. Si valuti anche l’impatto positivo che avrebbe sulle famiglie dei piccoli pazienti costretti a lunghi ed estenuanti viaggi della speranza negli ospedali della penisola».

Per Alberto Lai (Anestesia pediatrica Brotzu) si potrebbe pensare intanto a una soluzione tampone: «Per garantire l’assistenza ai pazienti si potrebbe allestire una terapia semintensiva nei reparti di rianimazione del Brotzu con alcuni posti letto dedicati ai bambini. Servono però anestesisti specializzati e un cronoprogramma per procedere al reclutamento e alla formazione».

Un piano di formazione pluriennale e un progetto per gradi è stato invece suggerito da Luigi Mascia (Dipartimento pediatrico Brotzu): «Una terapia intensiva per bambini ha bisogno di un hub di riferimento. Solo così si può garantire un servizio h24. Oltre ai medici vanno formati anche gli infermieri. Bisogna pensare a una struttura in grado di assistere non solo i pazienti intubati ma anche quelli fortemente instabili».

Al termine della seduta il presidente della commissione Domenico Gallus ha auspicato una soluzione in tempi brevi: «Bisogna agire, essere concreti – ha affermato Gallus – la creazione di una terapia intensiva pediatrica avrebbe un forte impatto sulla qualità del servizio. In questi casi non bisogna ragionare in termini economici: la Sardegna oggi non ha un posto letto per le cure intensive ai bambini. I familiari dei piccoli pazienti devono affrontare enormi difficoltà per curare i loro figli. Una soluzione va trovata».

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