In data odierna si tenuto il presidio davanti al Palazzo di giustizia di Cagliari, in occasione dello sciopero nazionale del personale  del Ministero della Giustizia indetto dall’Unione Sindacale di Base – USB, durante il presidio sono stati distribuiti dei comunicati per informare i cittadini dello stato disaggio dei dipendenti che si riflettono sul servizio reso al cittadino.

“I lavoratori della Giustizia della Sardegna dicono basta ed esigono fatti, stanchi di promesse mai mantenute, di slogan efficientisti che non si traducono in realtà concreta, a partire dalla sicurezza sul lavoro”

“La pandemia non ha fatto altro che rendere ancora più evidenti nodi atavici irrisolti e le problematiche acuitesi, tra le quali spiccano, la mancanza di sicurezza sul lavoro e disapplicazione del lavoro agile, fino ad oggi a spese dei lavoratori nei pochissimi uffici in cui ha trovato applicazione – scrive l’Usb – la carenza cronica di personale e carichi di lavoro insopportabili che incentivano il mansionismo e il cottimo, le mancate progressioni economiche e di carriera”.

Inoltre sono mancati i passaggi di livello di tutte le figure all’interno delle aree disattendendo l’accordo sindacale firmato nel 2017 con le sigle sindacali e l’ assenza di informatizzazione, reti adeguate e digitalizzazione; disorganizzazione e mancanza di trasparenza da parte dell’amministrazione ad ogni livello che si traduce in un continuo disservizio per la giustizia”.

“La Sardegna si contraddistingue, oltre che per la totale penuria di mezzi, risorse, formazione, anche per il trattamento riservato ai lavoratori: misconosciuti in quanto al merito e letteralmente caricati di lavoro oltre ogni limite per raggiungere qualsiasi obiettivo si prefigga la dirigenza”.

“Ma vuoi vedere che forse i fannulloni veri sono altri? La verità è che i sempre più massicci pensionamenti e le assunzioni a tempo determinato, sporadiche ed in numero del tutto insufficiente, hanno fatto da volano negativo ad una situazione ormai giunta al limite. Per oggi siamo in presidio per dimostrare tutta la nostra rabbia costruttiva per recuperare diritti e dignità”.

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