Gentile senatore Matteo Renzi, chi le scrive è una giovane donna di 34 anni che lavora come analista di dati, nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Per arrivare qui, dopo la laurea ho conseguito un master di II livello. Alle mie prime esperienze lavorative avevo 15 anni.

Non ho mai goduto di un Ferragosto, di una pasquetta, di una festa da adolescente, né da universitaria; affinché potessi fare la vita della fuorisede servivano gli sforzi economici congiunti miei e dei miei genitori, allora entrambi “lavoratori di schiena”.

Per arrivare qui ho dovuto allontanarmi da casa mia di 500km, ancora vivo in affitto perché il posto in cui non vivo non mi piace, ergo non è un posto in cui voglio investire o farci dei figli, inoltre se anche volessi non me lo potrei permettere.

Per la stessa ragione ho perso la mia identità geografica, sono fuori sede in un posto e fuori posto nella mia sede. Il mio normalissimo stipendio va via in affitto e utenze. Ora non lo so se per lei questo è abbastanza mettersi in gioco, se ho sofferto e sto soffrendo abbastanza. Quello che vorrei dirle è che io rientro tra i fortunati, nonostante tutto. Sacrificarsi per tutta la giovinezza per ritrovarsi infelice e insoddisfatta per me è altrettanto diseducativo.

Siamo d’accordo sul fatto che il Reddito di cittadinanza finisce anche nelle mani sbagliate, ma prima si aggiusta il sistema, poi si “aggiusta” l’aiuto. Si deve investire in formazione, si deve garantire dignità e sussistenza a tutti, si deve dare possibilità a tutti di mettersi in gioco come dice lei, ma senza soffrire. Perché soffrire quando si può non farlo è davvero da scemi e io vorrei che le ragazze di domani realizzassero i loro sogni con impegno, ma senza sofferenza.

Cordialmente.
Valentina Mulas, via Twitter

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