In Sardegna un malato di sclerosi multipla non ha altro appiglio se non la speranza di non peggiorare. Ma senza i dovuti controlli basta un attimo e anche un caso non ancora grave può degenerare. Daniela Melis, affermata giornalista, blogger e operatrice culturale lancia su Facebook il suo accorato appello a nome dei 7mila malati sardi di sclerosi multipla e racconta le peripezie che deve affrontare quotidianamente un paziente.

“Qualcuno mi deve spiegare cosa deve fare un malato di sclerosi multipla per farsi curare in Sardegna? – scrive la giornalista -. Non dico nella propria zona, ché sarebbe pretendere troppo, ma in Sardegna. O forse la politica e i medici menefreghisti ci vogliono consigliare di suicidarci? No, perché sarebbe meglio morti che vittime di questo abbandono!”

Nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema delicatissimo, la giornalista desulese racconta pubblicamente il suo calvario terapeutico. “Altrove i malati di SM fanno visite almeno ogni tre mesi – scrive -. Io, inizialmente, le facevo ogni sei. Ultimamente una volta all’anno, ovviamente se tutto va bene e se riesco a prenotare la risonanza, esternamente all’ospedale dove son seguita, in tempi decenti. Ora non si sa, come si legge nel testo della mail che pubblico. Una lotta continua, un’angoscia che non mi posso permettere. Nel frattempo, faccio due o tre lavori, di cui solo uno che mi garantisce le tutele del caso. Presiedo un’associazione, mi occupo di cultura, presento libri, vado in ufficio dopo la terapia, faccio servizi giornalistici e scrivo con la febbre da interferone, viaggio, guido, vivo. E sapete come faccio a fare tutto questo? Non perché mi appoggio e confido nella scienza e nella medicina, che dovrebbero essere la mia unica risposta. Ma perché sono graziata dal caso, dalla fortuna di non stare troppo male, e mi manda avanti la speranza di non peggiorare. In Sardegna un malato di SM non ha altri appigli. Sappiatelo, con tutta la durezza del caso. Senza i controlli dovuti è un attimo che anche un caso tranquillo come il mio peggiori. Sto bene grazie a qualcosa di più grande di me. Perché volete farmi stare male? Perché volete farci stare male?”

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