Tutto il mondo del cinema piange Jean-Paul Belmondo, l’attore francese simbolo della Nouvelle Vague. Il movimento cinematografico, nato in Francia alla fine degli anni Cinquanta, ha rivoluzionato la storia del cinema, raccontando una nuova generazione: quella dei giovani che si oppongono allo status quo, si interrogano sul loro futuro e vogliono godersi la vita in modo disinvolto, come se fossero stati appena travolti da una “nuova onda”, appunto.

I registi e gli attori dei film più rappresentativi del movimento francese, tra tutti “À bout de souffle” (1960) di Jean Luc Godard – che segnerà il successo proprio di Belmondo -, sono anch’essi giovani della nuova generazione. Poco più che ventenni girano le riprese con mezzi di fortuna, nelle strade e in appartamenti per raccontarsi.

Da questa rivoluzione artistica trae ispirazione la Nuovelle vague letteraria sarda (o Nuova letteratura sarda), espressione con cui si indica una schiera di autori sardi contemporanei che scrivono a partire dagli anni Ottanta. In realtà, più che un movimento o aggregazione, si tratta di una nuova fioritura di romanzi e racconti, così come opere di cinema, teatro e altre produzioni artistiche, che condividono temi, generi e stili. Tutti ambientati in Sardegna, raccontano la quotidianità dell’isola in un mondo cambiato, apertosi ormai alla globalizzazione, con personaggi che alle volte restano “indietro”, avvolti in uno spazio-tempo tutto loro, mentre altri scelgono di attraversare il mare e scoprire cosa c’è al di là dell’orizzonte.

Tra i capostipiti di questa nuova corrente letteraria c’è senz’altro Sergio Atzeni, che dopo una vita tormentata passata a scrivere storie di vita quotidiana tra il mercato rionale di San Michele a Cagliari, i movimenti giovanili studenteschi di cui lui faceva parte, e le prime esperienze lavorative a Quartucciu, lascerà la Sardegna per cercare – e trovare – fortuna a Torino, dove per la prima volta verrà riconosciuto come un vero e proprio scrittore dalla casa editrice Sellerio, che pubblicherà i suoi primissimi romanzi, “Apologo del giudice bandito” (1986) e “Il figlio di Bakunin” (1991).

Lo stile linguistico così come le storie narrate da Atzeni saranno un punto di riferimento per tutti gli autori sardi contemporanei che verranno dopo di lui. L’uso dell’italiano standard che si alterna all’italiano regionale sardo – nel suo caso è la parlata tipica cagliaritana – garantiranno al nuovo filone letterario, insieme ai temi e le ambientazioni trattati, il titolo di “corpus letterario di prim’ordine”, come scrive il critico Walter Pedullà.

Con lui anche Giulio Angioni, affermato antropologo e scrittore di una ventina di romanzi in sardo e in italiano, seguirà lo stesso stile linguistico, sebbene inizi la sua carriera letteraria con romanzi scritti interamente in sardo, dando vita con “A fogu aintru” (1978) alla prosa contemporanea in sardo. Chiude il cerchio degli ideatori della Nuova letteratura sarda Salvatore Mannuzzu, che pubblica con Einaudi una decina di romanzi e con “Procedura” (1998), vincitore del Premio Viareggio, scriverà il romanzo all’origine del sottogenere chiamato “giallo sardo”.

A cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, la Nouvelle vague sarda si amplia. Tra i primi a proseguire il filone letterario è il vincitore dei Premi Dessì e Italo Calvino, Marcello Fois, che a Nuoro, suo paese natale, ambienterà il suo bestseller con la trilogia dei Chironi, di cui il primo libro “Sempre caro” (Einaudi, 1998) vedrà la prefazione di Andrea Camilleri. Più avanti spuntano i nomi di Salvatore Niffoi, vincitore del Premio Campiello con “La vedova scalza” (Adelphi, 2006), Milena Agus, che otterrà un grande successo oltremare con “Mal di pietre” (Nottetempo, 2006), tradotto in cinque lingue, così come i libri dello scrittore e giornalista Francesco Abate, che con il romanzo “Chiedo scusa” (Einaudi, 2010) vincerà il prestigioso Premio Alziator.

Sarà poi la volta di Flavio Soriga, autore di libri e di programmi televisivi quali “Per un pugno di libri” su Rai3, che conquisterà la giuria del Premio Italo Calvino con la storia ambientata in un paese immaginario, raccontata nel romanzo “Diavoli di Nuraiò” (Il Maestrale, 2000). Ma tra gli autori sardi contemporanei più noti nel panorama letterario (e non solo) nazionale c’è Michela Murgia, che dieci anni fa riceve il Premio Campiello con il romanzo “Accabadora” (Einaudi, 2009), che desterà scandalo, soprattutto al di fuori dell’isola, per le tematiche affrontate.

Tanti nomi che hanno rinnovato la letteratura contemporanea sarda, grazie anche alla capacità dell’attività editoriale isolana, con case editrici di media grandezza – il Maestrale, Ilisso, Cuec, Edes e la novità, rara in Italia, di Sardegna Digital Library ad accesso libero – che hanno navigato oltremare, facendo conoscere le nuove firme anche sulla terraferma.

Una soluzione che ha spinto anche gli autori più giovani a fare il “grande passo” e pubblicare le proprie storie. È il caso di Angelica Grivel Serra, classe 1999, che inizia la sua carriera lavorativa come modella per importanti magazine, e poi approda alla scrittura, vincendo nel 2015 a Roma il concorso nazionale Diregiovani Web – La creatività fa scuola, e esordendo alla Mondadori con il romanzo “L’estate della mia rivoluzione” (2020). Accanto a lei c’è Matteo Porru, 20 anni, che dopo aver vinto il Campiello con il racconto breve “Talismani”, quest’anno ha firmato un contratto con la casa editrice Garzanti.

Da Torino scrive Ilenia Zedda, nata in provincia di Sassari nel 1990, che nel suo libro “Nàccheras” (DeA Planeta, 2020), ambientato a Cala dei Mori, racconta una Sardegna arcaica, suggestiva e piena di mistero. Lorenzo Scano, classe 1993, vive a Cagliari, dove ha iniziato a scrivere crime fiction fin da giovanissimo ed è stato titolare della libreria Metropolitan, specializzata in romanzi gialli, thriller e noir. Con il suo “Via libera” (Rizzoli, 2021), il giovane autore racconta le storie dei “ragazzini terribili” del Cep di Cagliari, quartiere popolare dove lo stesso è cresciuto, con uno stile linguistico che ricorda tanto quello voluto da Sergio Atzeni.

Ma insieme agli scrittori, traggono spunto anche i registi Enrico Pau, Salvatore Mereu e Gianfranco Cabiddu, che nei loro film riprendono i personaggi, i linguaggi e le storie raccontati nei romanzi cardine della Nouvelle vague sarda. Nel mondo dell’arte, poi, saranno Maria Lai e Pinuccio Sciola a scardinare il concetto stesso di “arte” nelle loro opere.

Scavare a fondo per ribellarsi alle imposizioni della quotidianità è il tratto distintivo della Nouvelle vague sarda che, così come l’onda francese degli anni Cinquanta, è destinata a segnare una svolta nell’innovare e rivoltare le strutture – letterarie, cinematografiche e artistiche – seguite fino a quel momento.

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