La lingua rispecchia pienamente la società di appartenenza. È in continua evoluzione e, con le nuove tecnologie digitali, corre sempre più veloce. Il gap tra lingua parlata e scritta è sempre più evidente, e per questo occorre velocizzare i processi di “accettazione” di un determinato nome o fonema. Son tanti quelli che ancora attendono l’ingresso dei termini “petaloso” (2016) e “cringe” (2020) nel vocabolario italiano.

Qualche settimana fa , anche la scrittrice Michela Murgia si era cimentata nell’impresa e, nella rubrica che tiene sul settimanale L’Espresso, aveva scritto un articolo intero utilizzando lo “schwa”, un segno grafico proposto per rendere il nostro linguaggio più “inclusivo”: la desinenza raggrupperebbe, in sintesi, tutte le categorie di genere esistenti.

L’iniziativa non era stata accolta con troppo entusiasmo, soprattutto dai linguisti accademici, tra cui anche il docente di Linguistica generale all’Università di Cagliari Massimo Arcangeli, il quale aveva espresso non poche perplessità a riguardo nel suo articolo pubblicato su Libero. Dello stesso avviso anche il giornalista Aldo Cazzullo, il quale aveva raccontato un aneddoto sul Corriere della Sera per “smontare” la proposta della scrittrice.

Da Apple, evidentemente, la pensano diversamente tant’è che il colosso digitale ha deciso di inserire nella tastiera dell’ultimo modello appena uscito, l’iPhone 15, proprio lo schwa. Precisamente, si trova sotto la lettera “e”. Un modo pratico e intuitivo per far sì che chi vuole utilizzarlo, da lunedì prossimo potrà farlo. Agli utenti la scelta.

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