Un anno fa, il 25 settembre 2020, la nave dell’ong tedesca Alan Kurdi attraccava al porto di Olbia, dopo cinque giorni di attesa in balìa del mare mosso. A bordo 125 persone, di cui 57 minori. Proprio come Alan Kurdi – da cui prende il nome la nave -, il bambino siriano di tre anni ritrovato morto per annegamento sulla riva di Bodrum, in Turchia, mentre scappava dalla Siria nel 2015.

Inizialmente la nave tedesca aveva chiesto di attraccare a Marsiglia, ma il governo francese aveva rispedito la richiesta al mittente, scatenando l’ennesimo braccio di ferro europeo sul tema migranti. Subito la destra italiana, Salvini e Meloni in primis, avevano ruggito contro il menefreghismo dei paesi europei nei confronti del susseguirsi di sbarchi sulle coste a Sud della nostra Penisola. D’altra parte, la legge europea parla chiaro: bisogna attraccare nel porto più vicino e più sicuro. L’unica opzione, a quanto pare, era quello di Olbia. E così fu.

I rifugiati vennero fatti sbarcare. Al porto li attendevano un gruppetto di persone guidate dal deputato leghista Eugenio Zoffili, che protestavano “Tornatevene a casa, vogliamo turisti, non clandestini”, di fronte a donne e bambini stremati, tra pioggia e vento. Non erano, però, gli unici arrivati al porto. Dall’altro lato tante le persone che avevano accolto i nuovi arrivati con coperte, giocattoli e quanto poteva servire a chi aveva dovuto sostenere un lungo viaggio tra la vita e la morte.

È passato un anno da quel fatto e le migrazioni continuano. Il 31 agosto sono arrivati i primi profughi afgani al porto di Cagliari. Da subito son stati accolti a braccia aperte dal sindaco del capoluogo Paolo Truzzu, esponente di Fratelli d’Italia, partito che da sempre si è schierato per i “porti chiusi”. Un’azione congiunta che ha visto la collaborazione anche di Ats Sardegna, Protezione Civile, Croce Rossa, Diocesi e Caritas. I rifugiati son stati suddivisi tra Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano, e dato come stanno andando le cose in Afghanistan, potrebbero non essere gli unici.

Rispetto all’anno scorso, si sente un clima più disteso e propositivo. Nessun gruppetto al porto di Cagliari pronto a insultare e minacciare, anzi. Son stati tanti i gesti di solidarietà nei confronti di donne, bambini e giovani arrivati da un Paese in cui il tempo sembra essere tornato indietro di vent’anni. Qualcuno però, ha provato ancora una volta ad alzare la voce. “L’Italia non può diventare un campo profughi!”, ripete Salvini. Sintomo che la propaganda anti-migranti non è ancora giunta al termine, anzi, viene proposta in una nuova veste: “Non hanno nemmeno il Green pass, né il vaccino”, prosegue il leader leghista, che quando si gira dall’altra parte strizza l’occhiolino ai no-vax e no-green pass italiani. Ci risiamo, allora. La propaganda del tutto e il suo contrario si sta rimettendo in moto. Chissà, però, se questa volta siamo diventati tutti più buoni.

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