Nel primo anno e mezzo in piena pandemia da Covid la Sardegna ha segnato il record negativo di dispersione scolastica al 23%, seguita da Sicilia (22%) e Calabria (20%). Ciò significa che circa 368mila ragazzi sardi tra i 18 e i 24 anni non hanno conseguito il diploma di scuola superiore, necessario ormai anche per svolgere i mestieri meno retribuiti. Un trend che sembrerebbe essere migliorato nella prima metà del 2021, con un 15,2% dei giovani che non hanno finito le scuole superiori, recuperando qualche posizione rispetto a Calabria (22,4%), Campania (20,1%), Sicilia (16,5%) e Puglia (16,6%).

Accanto a questi dati, però, ce ne sono altri che fanno ben sperare per il futuro dell’Isola. L’ultima analisi di Censimenti Permanenti pubblicato a febbraio 2021, infatti, ci dice che al 31 dicembre 2019, “il livello di istruzione in Sardegna è complessivamente migliorato, definendo una popolazione in possesso di titoli di istruzione sempre più alti e specialistici”. È vero, i numeri restano ancora al di sotto della media nazionale in tutti i gradi di istruzione, ma anche la presenza degli analfabeti è quasi dimezzata (0,7%) rispetto a dieci anni fa, gli alfabeti senza titolo di studio diminuiscono dal 5,9% al 4,7% così come sono in calo le persone con la sola licenza elementare (dal 20,3% al 16,4%) a favore dei titoli di studio più alti.

“I residenti sardi – si legge nel report – con un titolo universitario e superiore sono passati dal 10,0% al 12,2%. I possessori di un titolo terziario di primo livello salgono dal 2,0% al 3,1%, quelli con un titolo di secondo livello dal 7,7% all’8,8% mentre i dottori di ricerca rimangono stabili allo 0,3%. Si tratta di variazioni rilevanti anche in termini assoluti sia per i laureati di primo livello (da 30.646 a 47.328 unità, +54,4%) che per quelli di secondo livello (da 117.793 a 132.852 unità, +12,8%)”.

Ma c’è di più. In Sardegna l’indice di lettori è più elevato, al 38,9%, rispetto al resto del Sud Italia (27,9%) e alla vicina Sicilia (25,9%). Un dato importante perché l’alfabetizzazione e l’istruzione in senso lato, si sa, passano anche attraverso canali non istituzionali. Le biblioteche e gli eventi culturali, ad esempio. In questo, l’Isola non ha niente da invidiare al resto d’Italia. Sono due i parametri che ci vengono in aiuto per spiegare il trend positivo dei lettori sardi: il numero di biblioteche pubbliche e non specializzate ogni mille abitanti per i giovani tra i 6 e i 17 anni, e il numero di posti in biblioteca ogni mille abitanti. In entrambi i casi, la nostra regione è terza in tutta Italia. Riguardo il primo parametro, infatti, secondo l’analisi di Open Polis su dati Istat del 2017, in Sardegna ci sono in media 2,27 biblioteche ogni mille abitanti, così distribuite nel territorio: 5,74 a Oristano, 3,17 a Nuoro, 2,27 a Sassari, 0,74 a Cagliari. Se guardiamo al numero dei posti, i dati Istat relativi al 2019 ci dicono che l’Isola si trova ancora una volta nella top 3, con 9 posti ogni mille abitanti, dopo la Valle d’Aosta (16 posti ogni mille abitanti) e il Friuli Venezia-Giulia (13 posti ogni mille abitanti). Il sistema bibliotecario isolano, quindi, si rivela tra i più strutturati e accessibili rispetto a quelli presenti nello Stivale.

Ma ad alzare la soglia sono anche i numerosi festival letterari presenti nell’Isola che ogni anno attirano migliaia di visitatori dall’Italia e dall’estero. Tra questi, L’isola delle storie che si tiene annualmente dal 2004 a Gavoi, in provincia di Nuoro, che ha portato a casa un importante riconoscimento nel marzo 2013, quando è stato inserito tra le diciotto più importanti manifestazioni letterarie del tipo delle fiere in Italia, come si legge nel “Rapporto sulla promozione della lettura in Italia”. Sempre in provincia di Nuoro, a Perdasdefogu, si tiene il festival Sette sere, sette piazze, sette libri, presentato per la prima volta nel 2010, in cui nell’arco di una settimana il paese ospita tanti autori, scrittori e artisti del panorama culturale locale, italiano e internazionale. Più a sud, a Cagliari c’è il festival di letterature applicate Marina Café Noir, arrivato ormai alla sua diciottesima edizione che ogni anno presenta un programma ricco di eventi e di ospiti nazionali e internazionali che scrivono, recitano, suonano di fronte a un folto pubblico variegato per età e provenienza. Quest’anno si è scelto di posticipare le date del festival cagliaritano, con grande successo: son stati 49 gli ospiti ad aver partecipato all’evento, complice anche la location scelta, all’aperto in riva al mare, nel rispetto delle normative anti-Covid. Ancora, nel capoluogo sardo, è ormai diventato un appuntamento fisso il festival di letterature per ragazzi Tutte storie, che alle spalle ha ben diciassette edizioni. Ultimo, ma non per importanza, è il festival letterario diffuso Éntula, organizzato dall’associazione culturale Liberos, che per l’ottava edizione del 2020, nonostante la pandemia, ha registrato la presenza di ben 29 autori in 16 paesi, e 51 incontri in soli sei mesi.

Questo fermento culturale, che vede un fitto incontro di visioni, prodotti e persone di culture assai differenti, e che sprona quindi allo sviluppo di un certo senso critico, non può essere sottovalutato in termini di istruzione e più in generale di cultura. È proprio a partire da qui che invece dovrebbe aprirsi un dibattito approfondito sui temi proposti dalla scuola – non dai docenti, si intende, ma dai piani più alti -, e magari le modalità di insegnamento, che non necessariamente devono inseguire la logica del digitale. I festival letterari che hanno un gran successo, in realtà, hanno tutti come punto cardine il principio di socialità. I visitatori partecipano attivamente, fanno domande, chiacchierano, si confrontano, a volte si piacciono, a volte no. Nessuno ha la ricetta pronta per riportare i ragazzi in aula. Di sicuro c’è che la scuola deve piacere, e per farlo potrebbe partire proprio da qui.

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