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Pubblichiamo questo inedito dello scrittore siciliano Gaetano Gaziano, al quale è stata recentemente assegnata ad Olbia una menzione speciale per il libro “Il Bacchino ubriaco”, nell’ambito del “Premio eno-letterario Vermentino 2021”. “Il brindisi di Grazia Deledda”  vuole essere un omaggio alla grande scrittrice sarda per i 150 anni dalla sua nascita. “Ho scritto il racconto – scrive Gaziano – come tangibile segno di gratitudine per la calda accoglienza riservatami nella vostra terra ricca di storia, cultura e tradizioni, com’è del resto la mia Sicilia”.

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Grazia Deledda era su tutte le furie.

Il marito, Palmiro Madesani, rientrando nella loro abitazione di Roma dopo un breve viaggio in Sardegna per curare certi affari di famiglia, l’aveva trovata in un profondo stato di agitazione e non ne capiva il motivo. Soprattutto perché, proprio in quei giorni, era giunta la notizia che a Stoccolma, dove si stava decidendo l’assegnazione del Nobel per la letteratura, la scrittrice sarda era la candidata con più chances di successo. «Tesoro, perché sei così prostrata?» chiese affabilmente il marito, preoccupato.

«Giulio Salimbeni, il critico letterario nostro amico, mi ha riferito proprio ieri che Pirandello avrebbe storto il naso sulla mia candidatura al Nobel, definendomi “una brava massaia sarda”.»

«Ma che ti importa, è invidia professionale. Non è un mistero per nessuno che a quel premio ci aspira lui ormai da qualche anno.»

«Non capisco questo livore. E poi mi fa più male, perché io stimo Pirandello, per la verità più come drammaturgo che come romanziere.»

«Ma se Pirandello ti critica, nel contempo hai riscosso la stima di altri due grandi scrittori siciliani, Verga e Capuana. Quest’ultimo, addirittura, ha recensito favorevolmente il tuo romanzo La via del male.»

«Ma perché ce l’ha con noi? Non dimenticare che nel 1911 ha pubblicato il romanzo dal titolo Suo marito che parla di una coppia di arrampicatori sociali, lei mediocre scrittrice con pretese letterarie e il marito a brigare e a trafficare con editori e critici letterari perché la moglie arrivasse al successo. Molti vi hanno letto un chiaro riferimento a noi due.»

«Sì, ma Pirandello l’ha sempre smentito.»

«Certo, lui l’ha smentito e ci mancherebbe altro, ma resta il fatto che l’editore Treves rifiutò di pubblicarlo proprio per questo riferimento offensivo a noi due.»

In effetti Luigi Pirandello per il suo romanzo si ispirò, anche se lo negherà sempre, alla coppia Deledda Madesani, ma la loro vicenda familiare non era una storia di una coppia arrivista come quella descritta nel romanzo di Pirandello. Nel loro caso, si trattava di autentico amore e di complicità intellettuale.

Grazia Deledda aveva conosciuto il marito quando si era trasferita a Cagliari dalla natia Nuoro. Lui, giovane funzionario piemontese del Ministero delle Finanze, si era dimesso dal suo incarico per dedicarsi a tempo pieno a promuovere, come agente letterario, l’opera della moglie di cui aveva intuito il notevole talento. Per questo motivo la coppia nel 1900 si era trasferita a Roma anche per allacciare rapporti culturali con intellettuali sia italiani che stranieri.

I successi non tardarono ad arrivare sia per le opere di narrativa che per i saggi sulle tradizioni popolari sarde.

Deledda, infatti, non tagliò mai il legame con la propria terra e la cultura di origine. Arredò il loro appartamento romano con mobili antichi appartenuti alla sua famiglia. Faceva arrivare dalla Sardegna formaggi e salumi difficilmente reperibili a Roma, così come non mancava mai a casa loro una ricca scorta di vermentino, il loro vino preferito, anche per brindare allegramente, con amici comuni, ai riconoscimenti letterari.

La designazione al Nobel coronava il loro sogno costruito in una vita fatti di sacrifici, duro lavoro, dedizione e amore potenziato dalla complicità intellettuale di coppia.

La critica di Pirandello, però, non poteva non turbare questo clima gioioso di attesa del premio.

«Dai, non pensarci più!» esortò affabilmente Palmiro.

«Non posso non pensarci, anche perché ritengo ingeneroso il giudizio di Pirandello. In passato non ho esitato ad esprimere pareri lusinghieri sui suoi lavori. Ecco perché mi brucia così tanto!» affermò Grazia con gli occhi lucidi.

«Suvvia, amore mio, consolati con gli altri riconoscimenti che ti sono arrivati sia a livello nazionale che internazionale. Lawrence ha scritto la prefazione alla traduzione in inglese del tuo romanzo La madre. Maksim Gor’kij, uno dei più importanti esponenti della letteratura russa che tu ami tanto, ha consigliato ad un’amica di leggere le tue opere e non ha esitato ad affermare che “Deledda è una scrittrice che non ha rivali né nel passato né nel presente. Che penna, che voce forte!”»

«Grazie, amore mio, apprezzo molto il tuo sforzo di consolarmi, ma questa macchia sulla mia attività letteraria mi pesa, eccome se mi pesa!»

«Prova a dimenticare. Magari, poi, se vinci il Nobel non ci pensi più.»

«Non sarei così ottimista. E’ difficile che assegnino il premio ad una scrittrice, con tanti candidati maschi che ci sono e anche molto validi.»

«Perché è difficile? È già successo. Nel 1909 hanno assegnato il premio alla scrittrice svedese Selma Lagerlöf.»

«Appunto, è già successo! È impossibile che assegnino un’altra volta il premio ad una donna.» «Non disperiamo!» Le amorevoli attenzioni di Palmiro riuscirono, in qualche modo, a rasserenare Grazia e andarono riposare, tenendosi per mano. Il mattino seguente un toc-toc al portone svegliò la coppia.

«Postino, telegramma!»

«Vado io!» disse Palmiro, ostentando tranquillità, mentre il cuore gli scoppiava in petto. Fece le scale di corsa a scendere e a risalire. Emozionatissimo, aprì il telegramma di fronte a Grazia trepidante.

«Tesoro, ti hanno assegnato il Nobel» gridò e scoppiò a piangere. Si abbracciarono forte forte.

«Bisogna brindare. Stappiamo una bottiglia di vermentino!» suggerì Palmiro.

Brindarono con gioia.

Ridevano e piangevano, piangevano e ridevano. Erano felici.

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