Riformare l’Europa a partire dai popoli e dalle regioni è possibile. Ne è convinto il governatore sardo Christian Solinas, che ha introdotto il tema alla Conferenza “Le sfide delle regioni insulari periferiche nella ripresa post-Covid”, organizzata dall’Ufficio di Bruxelles della Regione Sardegna. L’Isola, infatti, è capofila del Partenariato delle regioni insulari periferiche del Mediterraneo costituito, oltre che dalla Sardegna, appunto, da Baleari, Corsica, Creta, Gozo, Isole Ionie.

“In questa stagione di riforma delle istituzioni comunitarie – ha detto il presidente Solinas -, abbiamo la possibilità di intervenire mediante infrastrutture immateriali, costituite da politiche ad hoc e dispositivi normativi specifici che prendano in debito conto gli svantaggi strutturali e permanenti dell’insularità, che l’Unione europea riconosce nell’art. 174 del Trattato, ma non nella legislazione derivata”.

“È necessaria – ha proseguito il governatore sardo – a nome delle regioni insulari, una revisione della normativa europea, in primis in materia di aiuti di Stato, per renderla più rispondente alle sfide dei nostri territori che le situazioni di crisi impreviste, come quella attuale, rendono ancora più critiche. Non per ottenere una condizione di privilegio, ma per garantire ai nostri cittadini e alle nostre imprese le stesse opportunità di sviluppo e di competitività di cui godono le altre regioni europee”.

La pandemia, poi, aggiunge Solinas, non ha fatto altro che aggravare la situazione: “Ha impattato nella vita dei cittadini e nell’agenda politica delle istituzioni, tanto a livello territoriale, quanto a livello europeo, in una misura che fino a due anni era inimmaginabile”.

I punti tematici principali di cui trattare a livello europeo, afferma il presidente della Regione Sardegna, sono, tra gli altri: la distanza e la discontinuità territoriale rispetto al continente europeo; la perifericità rispetto ai principali centri produttivi e ai mercati di sbocco situati nelle regioni continentali; un’economia fortemente dipendente dall’esterno e quindi dalla connettività con altre regioni d’Europa. “Gli effetti della recessione – spiega Solinas –  hanno riguardato infatti soprattutto i settori dei trasporti e del turismo verso i quali i nostri territori – periferici e costieri, e in quanto tali fortemente dipendenti dal trasporto aereo e con un’economia locale a forte vocazione turistica – hanno una marcata dipendenza”.

Nonostante l’impegno dell’Unione europea nel contrastare la crisi pandemia, prosegue Solinas, restano due problematiche di fondo: per quanto riguarda il programma comunitario Next Generation Eu, “il focus territoriale è estremamente debole ed è forte il rischio di una sostanziale centralizzazione a livello statale della programmazione degli interventi”; in secondo luogo, “manca una strategia specifica per le isole, ancorché la nostra situazione territoriale ci veda in una condizione di svantaggio competitivo”.

Per guardare al futuro è necessario che l’Unione europea ripensi in questi termini la sua governance. “Siamo ancora lontani dal vedere riconosciuta l’insularità come una caratteristica permanente che influenza negativamente le economie delle regioni insulari”, commenta Solinas, il quale chiede a Bruxelles “un nuovo patto” con cui pianificare strategie per i territori in questione e porre maggiore attenzione alle sfide delle isole periferiche.

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