A Milano ce ne sono soltanto due, a Torino nessuna, a Roma si contano sulle dita delle mani. In tutta Italia sono 148 o poco più le statue pubbliche dedicate alle donne. Tante sono quelle che l’associazione di storici dell’arte “Mi riconosci” è riuscita a mappare incrociando ricerche e segnalazioni, “un numero che si avvicina alla totalità di quelli esistenti”, spiegano le curatrici. Figure per lo più anonime e spesso lontane, anche nella rappresentazione, dalla realtà.

La Sardegna però fa eccezione. A Oristano c’è la statua dedicata a Eleonora d’Arborea, inaugurata nel 1881, 150 anni fa, e diventata uno dei simboli dell’Isola. A Norbello c’è una statua dedicata alle donne. Una delle produzioni più esplicitamente “artistiche” della Sardegna prenuragica è rappresentata dalle statuine di “dea madre”. Si tratta di sculture di piccole dimensioni (oscillano intorno ai 10-15 centimetri di altezza, ma ve ne sono anche di più piccole e di più grandi) raffiguranti figure femminili.

La denominazione “dea madre” attribuita a tali sculture deriva dal contesto di rinvenimento, sempre di ambito funerario, che ha spinto gli studiosi ad ipotizzare che tali immagini possano essere una rappresentazione sacra dello spazio fisico e simbolico in cui il defunto viene deposto: la “Terra”, concepita come “generatrice” della vita e quindi come “madre”, nel cui “grembo” (la tomba ipogeica) il defunto torna ad essere accolto. La Dea Tanit, di origini puniche, era un’antica dea berbera, adottata dai fenici quando fondarono Cartagine e poi si trasferirono nell’Isola. Era una divinità libica, che appare come divinità Punica solo a partire dal sec. IV a.C. Prima d’allora, la dea protettrice della città di Cartagine era l’orientale Ashtar. Diventa la dea principale di Cartagine, protettrice della città, nella quale era venerata nel V sec.a. C.

È stata inaugurata un anno fa la nuova statua dedicata alla scrittrice Premio Nobel alla Letteratura nel 1926 Grazia Deledda e collocata poco distante dall’anello parco comunale in cima alla montagna tanto cara ai nuoresi, l’Ortobene. Fa il paio con la contestata scultura della scrittrice che si trova a Nuoro in cima al Corso.

Infine, è femminile la statua che raffigura la Sardegna nel monumento romano del Vittoriano. Porta lo scettro ed è rappresentata nell’atto di porgere la propria corona, per ricordare che le battaglie che portarono all’unità e all’indipendenza d’Italia partirono proprio dal Regno di Sardegna, e che tanti sardi, fin dall’inizio, combatterono durante il Risorgimento. La corona è generosamente tenuta in mano e non sulla testa per ricordare che dal Regno di Sardegna nacque il Regno d’Italia.

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