(di Paolo Littarru*) Ho il privilegio e la fortuna di aver assistito da venticinque anni – e quasi “in diretta” – allo sviluppo degli studi di archeoastronomia in Sardegna. Questa scienza dal nome un po’ astruso si occupa dello studio degli orientamenti astronomici dei monumenti antichi e della concezione che gli Antichi avevano del cielo.

La Sardegna costituisce, senza alcun dubbio, un osservatorio privilegiato, e con decine di siti d’interesse archeaostronomico (pozzo di Santa Cristina, nuraghe Losa, nuraghe Santu Antine e tanti altri) si rivela sempre più come uno splendido giacimento di meraviglie. Diverse pubblicazioni scientifiche internazionali roconoscono ormai da anni la disposizione solare e lunare dei nuraghi della valle di Isili, che ha uno dei suoi cardini nel nuraghe Is Paras stesso l’attenzione che gli antichi nuragici avevano per gli eventi astronomici chiamati solstizi e lunistizi, ovvero “i punti di arresto” del moto del sole e della luna.

Gli orientamenti astronomici solari e lunari dei nuraghi – come più volte ho scritto – sono oggetto ad oggi e da tempo di svariate pubblicazioni scientifiche internazionali su prestigiose riviste.

Vorrei invece qui concentrarmi sulla magnifica cupola del nuraghe Is Paras di Isili che, al momento della sua costruzione, può essere forse addirittura considerata come una delle più sofisticate della preistoria: qualcuno la considera addirittura la più sorprendente dell’antichità fino all’edificazione del Pantheon.

La geometria astronomica della magnifica cupola fu illustrata per la prima volta dall’archeoastronomo isilese Mauro Peppino Zedda nel suo libro “I nuraghi, il sole e la luna” (1992). Egli ripropose il tema anche in pubblicazioni successive (“I Nuraghi tra Archeologia e Astronomia” del 2004, “Archeologia del Paesaggio Nuragico” del 2009 e “Astronomia nella Sardegna Preistorica” del 2013).

I rilievi di Zedda misero in luce un fatto interessantissimo, ovvero come il rapporto tra la base e l’altezza della cupola congeli una chiara e raffinata geometria astronomica solare. Vediamo perché, con l’aiuto di un disegno e di un pizzico di geometria elementare. La linea passante tra il foro apicale (cioè l’apertura della cupola) e la circonferenza di base della cupola stessa, forma un angolo di 16° circa rispetto alla verticale. Quest’angolo è identico all’angolo compreso tra la verticale e il punto che il Sole raggiunge al solstizio d’estate quando attraversa il meridiano alla latitudine di Isili.

A mezzogiorno del solstizio d’estate (e solo in quel periodo), il fascio di luce del sole che penetra dall’apertura della cupola s’infrange con assoluta precisione alla base della cupola, il cui piano di calpestio è quello originario. Questo studio di Mauro Zedda fu ripreso da alcuni dei massimi studiosi mondiali di archeoastronomia, tra cui Michael Hoskin (professore emerito di storia della scienza all’Università di Cambridge) e Juan Antonio Belmonte (presidente della dell’Instituto de Astrofisica de Canaries) nel loro trattato in lingua spagnola “Reflejo del Cosmos, Atlas de Arqueoastronomia del Mediterraneo Antiguo” (“Riflesso del cosmo. Atlante di archeoastronomia del Mediterraneo antico”) del 2002.

La stupenda cupola del nuraghe Is Paras è oggetto di un’ampia riflessione del professor Clive Ruggles docente emerito dell’Università di Leicester, sia nel libro “Ancient Astronomy” (“Astronomia antica”) del 2005, sia nel recente e monumentale trattato “Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy” (“Manuale di archeoastronomia ed etnoastronomia”) edito dalla Springer (New York, 2014), che può essere considerato la bibbia dell’archeoastronomia mondiale.

In un capitolo dell’”Handbook”, Ruggles descrive con queste parole la magnifica cupola del nuraghe Is Paras di Isili e la sua geometria solare: “La sua camera centrale (del nuraghe Is Paras, ndr) ha un tetto aggettante (a pietre che sporgono l’una sull’altra man mano che si sale, ndr) che arriva fino all’incredibile altezza di 11,5 m, con una piccola apertura circolare di circa 40 centimetri all’apice. Intorno a metà giornata, la luce del sole entra nella camera e forma un pennello di luce nella parete nord della camera. Questo si muove formando una curva ad U e raggiungendo il punto più basso a mezzogiorno (di ogni giorno, ndr). Al solstizio estivo, questo pennello luminoso raggiunge il filare di pietre più basso alla base della cupola, a 2 centimetri da terra, trascorre circa 20 minuti attorno a questo livello e poi ricomincia a salire.”

Qualche archeologo sardo liquida il fenomeno immaginando la presenza di una seconda cupola sopra la prima che avrebbe in qualche modo impedito l’ingresso della luce del sole fino al piano di posa del monumento. Ma di tale seconda cupola non c’è la minima traccia. Da tempo purtroppo l’apertura della cupola è stata chiusa con un disco di pietra cementata, apposto dalla Soprintendenza, allora diretta dalla dottoressa Maria Ausilia Fadda, col chiaro intento di impedire l’ingresso della luce solare e di fugare, quindi, eventuali interpretazioni del monumento in chiave astronomica.

Sull’apposizione di questo “tappo” così si esprime Ruggles, con flemma dubitativa britannica: “Questo fenomeno (la geometria solare della cupola, ndr) non dovrebbe forse essere considerato, anche se ad oggi nulla di simile è stato scoperto in nessun altro nuraghe, anche se quasi 7000 di loro rimangono nel paesaggio sardo? O forse perché una piccola pietra scoperta sulla cima della torre suggerisce che il foro sia stato coperto, almeno per qualche tempo?

Ma questi dubbi non sono forse compensati dal fatto che il pennello di luce solare arriva così vicino al pavimento senza toccarlo. Si tratta di un’incredibile coincidenza o è intenzionale? Non esiste un accordo generale su come rispondere a tali domande.” Già… Perché non indagare il fenomeno, anziché apporvi inopinatamente un “tappo”? Io ritengo che il fenomeno s’inquadri in un contesto più ampio, quello che il popolo nuragico rivela verso i fenomeni celesti. Questo interesse è “congelato” in modo chiarissimo e interessantissimo nelle loro costruzioni. Ecco perché credo che il “tappo” apposto sul foro della cupola del nuraghe Is Paras debba essere rimosso e che nuove ricerche debbano essere intraprese sull’interpretazione del rapporto base/altezza del nuraghe.

Credo che questo “tappo” sia, oltretutto, il simbolo di un paradigma errato che ha stravolto l’interpretazione dei nuraghi, confinandoli in una rozza e banale destinazione d’uso militare. Dobbiamo poter presto, nuovamente ammirare il passaggio del sole solstiziale alla base della stupenda cupola di Isili. Magari al solstizio d’estate di quest’anno.

*Paolo Littarru è il più importante divulgatore archeologico della Sardegna. Ingegnere per l’Ambiente e il Territorio, cultore di archeoastronomia e autore e coautore di varie pubblicazioni, fra cui la “Guida archeoastronomica al nuraghe Santu Antine di Torralba” (Agorà Nuragica, 2003) e il recente “Il contadino che indicava la luna. Storia di un cambio di paradigma nell’archeologia sarda” (Aracne, 2019).

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