La vicenda che ha coinvolto la giornalista sportiva di Toscana Tv, Greta Beccaglia, 27 anni, molestata fuori dallo stadio di Empoli il 27 novembre scorso, si è conclusa con un Daspo di tre anni. Il tifoso della Fiorentina, un ristoratore di 45 anni della provincia di Ancona, è stato individuato dalle telecamere e la giornalista è riuscita così a identificarlo e querelarlo.

Il video è diventato subito virale sui social, scatenando aspre polemiche nei confronti del molestatore e anche del conduttore televisivo di “A tutto gol” presente in studio, il giornalista Giorgio Micheletti, che avrebbe detto alla collega “non te la prendere”, un’espressione che è stata vista come un voler sminuire un fatto molto grave e che per questo motivo è stato sospeso.

Il punto è che storie di questo genere accadono quotidianamente in tutta Italia. Lo sa bene Valentina Caruso, 36 anni di Cagliari, giornalista sportiva di Sky Sport, dopo aver raccontato per anni i rossoblù sin dai tempi di Videolina e che ancora oggi talvolta si ritrova fuori dallo stadio, quando ad esempio deve seguire una partita di cui Sky non ha i diritti. “Quello che è accaduto è vergognoso, che noi donne siamo sempre esposte, ancora oggi”, commenta la giornalista. “Al di là di essere giornalista o di fare una diretta televisiva – prosegue -, capita tante volte. Io ricordo che anche quando si andava in discoteca c’era sempre qualcuno che ti metteva le mani addosso, che ti toccava i capelli, le spalle. Cose che non erano gradite e infastidivano”.

“Per come sono fatta io – dice Valentina Caruso – , se fosse successo a me lo avrei rincorso per identificarlo e denunciarlo. Non avrei sicuramente continuato la diretta”. D’altronde, non è la prima volta che la giornalista cagliaritana si trova di fronte ad episodi del genere, anzi: molte volte li ha vissuti in prima persona. Soltanto nella serata di ieri ha ricevuto diversi messaggi via Instagram come: “A te non ti sculacciano i tifosi?” o ancora “Vorrei incontrarti di persona e riprendere la tua gonna con la mia telecamera digitale da sotto vicino alle tue scarpe col tacco”. Utenti con nome e cognome, non si tratta di profili falsi.

Ma anche fuori dalla realtà virtuale, la situazione non è da meno. “Mi è capitato un paio di volte di dover andare in Questura per segnalare una persona in particolare, che mi seguiva fino a casa.  È successo – racconta la giornalista – quando era appena arrivato Nandez all’aeroporto di Cagliari, e questo tifoso, che non apparteneva però al gruppo ultras con cui mi sono sempre trovata bene, aveva avuto la malsana idea di seguirmi fino a casa al termine del servizio, poi si era ripresentato più volte sotto L’Unione Sarda e quindi ho dovuto ricorrere alla Questura. Sono cose che ti impediscono di vivere serenamente, ti condizionano la vita. Io mi sono sempre fatta accompagnare in auto, hai paura, non ti senti più libera”.

Per Valentina Caruso il mondo delle tifoserie “è un grande contenitore dove ci sono persone di ogni tipo, dove ci sono tanti uomini, anche se nel nostro caso la situazione è molto variegata, ci sono anche tante donne e tanti bambini, ma capita anche la mela marcia. Ripeto – ci tiene a precisare la giornalista sportiva -, al di là del calcio il fatto che lei comunque abbia avuto modo di rintracciare questa persona e filmarla è stata una cosa molto positiva, ma a non tutte capita di poterlo fare. Sono cose che purtroppo capitano quotidianamente”.

“È giusto che se ne parli – conclude Valentina Caruso – e che queste persone vengano denunciate anche da esempio che possa scoraggiare in futuro episodi di questo tipo. È una cosa che deve partire dalle famiglie, dall’educazione in casa dei bambini, dalle scuole”.

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