Per il commercio, il 2021 è un altro anno di crisi nerissima. Secondo i dati del registro delle imprese, nel settore, tra gennaio e novembre hanno chiuso 1271 commercianti al dettaglio (divisione G.47): quasi un commerciante per ogni 1000 abitanti. Le iscrizioni (n°880) hanno in parte mitigato il danno che resta comunque grave per un saldo finale negativo di 391 attività: in sostanza oltre 700 posti di lavoro persi.

Sembrano salvarsi solo i pubblici esercizi (divisione I56) che al contrario, per effetto di 479 aperture e 459 chiusure (0,3 per ogni 1000 abitanti) fanno registrare un saldo positivo di 20 imprese.

Nonostante l’ennesimo bilancio negativo, si auspica che nei prossimi anni, con il superamento dell’emergenza pandemica si possa assistere ad un’inversione di tendenza e ad un ripopolamento del tessuto imprenditoriale. Le anticipazioni sulla manovra di bilancio 2022 della Regione ci fanno ben sperare. La dotazione finanziaria di 30 milioni preannunciata per il comparto commerciale andrebbe in questa direzione, con la speranza che non si tratti di un una tantum riferito solo al 2022.

A trascinare decisamente in rosso il bilancio è il commercio al dettaglio, in evidente profonda sofferenza. Se concentriamo l’attenzione sull’incidenza delle chiusure per 1000 abitanti per classe demografica dei comuni, risulta che la tendenza è pressoché costante in tutte le fasce fatta eccezione per le città più grosse e/o capoluogo di provincia dove l’incidenza e nettamente più sostenuta sintomo di una maggiore sofferenza conseguente probabilmente ai maggiori costi di gestione. Infatti, da una media riferita all’intera Isola, di 0,8 imprese chiuse ogni 1000 abitanti si passa a 1,2 imprese per le città capoluogo o con più di 30 mila abitanti. Da evidenziare la situazione di Olbia, dove l’incidenza delle chiusure per 1000 abitanti è doppia rispetta alla media regionale.

Le previsioni di Confesercenti Sardegna suggeriscono per i prossimi anni uno scenario di progressivo, seppure lento, ‘ripopolamento delle imprese’. A sopravvivere, però, sarà solo l’impresa che saprà cogliere i mutamenti del mercato interno. “L’influenza dei progressi tecnologici sui nostri settori (piattaforme condivise, negozi digitalizzati e diffusione del web marketing ecc.), ormai, non può più essere negata. L’ondata di innovazione non va contrastata, ma cavalcata. In primo luogo liberandosi dell’idea che possa spazzare via i nostri settori: gli esercizi di vicinato rimarranno, e per alcune tipologie forse saranno ancora più diffusi di oggi”, sostiene Confesercenti Sardegna.

“Gli imprenditori, però dovranno avere requisiti culturali e conoscitivi di cui, oggi, spesso non si dispone. Per questo – commenta l’associazione di categoria – dobbiamo concentrarci sulla preparazione: chi ha responsabilità di Governo ai vari livelli, deve intervenire per garantire un maggior sostegno alla formazione imprenditoriale e all’utilizzo delle tecnologie digitali, con l’obiettivo di introdurre modelli culturali moderni e creare una classe di imprenditori in grado di rispondere alle sfide di oggi”.

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