“Suscitano preoccupazione le condizioni di salute di A.P., 78 anni, campano, detenuto in regime di alta sicurezza ricoverato nel Sai (Servizio assistenza intensiva) della casa circondariale di Cagliari-Uta. L’uomo, affetto dal morbo di parkinson, con grave instabilità motoria che può provocare cadute, aveva già subito un intervento chirurgico con protesi all’anca in seguito a frattura incorsa nel Carcere di Parma nel maggio scorso”. A denunciarlo Maria Grazia Caligaris, dell’associazione SDR, dopo aver ricevuto una segnalazione dai familiari che hanno denunciato una nuova caduta dell’anziano detenuto verificatasi nei giorni scorsi.

“È evidente – osserva Caligaris – che si tratta di una persona in tarda età costretta a stare su una sedia a rotelle e quasi del tutto incapace di badare a se stessa, non riuscendo più a governare il tremore degli arti. Uno stato che, come documenta la cartella clinica e una perizia redatta da Ciro Florio, ex direttore del Reparto di Neurologia-Stoke Unit dell’Ospedale “A.Cardarelli” di Napoli, grava pesantemente anche sulla sua condizione psicologica”.

“A.P. – sottolinea Caligaris – si trova dai primi giorni di dicembre nella casa circondariale di Cagliari, proveniente da Parma. Nonostante le cure dei sanitari però, le condizioni generali non appaiono compatibili con un regime detentivo. Il suo quadro clinico infatti appare molto complesso e aggravato dall’età e dallo stato depressivo”.

“Davanti a una condizione così pesante in cui il tremore impedisce all’uomo perfino di mangiare senza un aiuto, non sembra che permanere in una struttura penitenziaria possa far migliorare il suo stato e possa consentirgli di vivere la detenzione in maniera dignitosa soddisfacendo le ragioni per le quali ha senso un programma di riabilitazione sociale.  Occorre infine ricordare – conclude l’esponente di SDR – che se il morbo di parkinson, benché a progressione degenerativa inarrestabile, può essere in parte gestito con interventi riabilitativi mirati, costanti e praticati in ambiente idoneo, ciò non sembra poter avvenire in un carcere. L’auspicio è che al più presto possa accedere a una pena alternativa o a un ricovero in una residenza sanitaria assistenziale, in attesa che  le sue condizioni di salute gli permettano un eventuale ritorno in carcere. Mantenere una persona in così gravi difficoltà in un regime detentivo appare in contrasto con il comune senso di umanità”.

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