L’ultimo episodio è avvenuto questa notte, nel centralissimo Largo Carlo Felice, quando un giovane che si trovava in compagnia dei suoi amici per passare una serata a Cagliari, è stato aggredito nei pressi della Banca Unicredit, proprio di fronte al “corso”, da un altro ragazzo che ha tentato di colpirlo con un’arma da taglio a serramanico. “Io prontamente ho preso le distanze e ho invitato a lui di mollare l’arma, nel mentre lui ha continuato a maneggiare pericolosamente il coltello cercando di colpirmi”, ha scritto. Da sottolineare, per evitare pregiudizi di genere, che gli aggressori avevano “uno spiccato accento cagliaritano”.

Due mesi fa, un’altra aggressione, sempre nel centro cittadino. Il 2 novembre scorso, attorno alle 5,30 del mattino, in via Dettori, un giovane di 21 anni di origine algerina ha aggredito tre ventenni che passavano di lì. Prima son stati avvicinati dal ragazzo, che con la scusa di vendere dello stupefacente, ha colpito uno dei tre ragazzi con un calcio alla gamba per poi estrarre un coltello e farsi consegnare il portafoglio contenente la somma di 110 euro.

Il giorno prima, si è verificato un episodio simile in piazza Giovanni XXIII. Attorno all’una, un 20enne cagliaritano, senza fissa dimora e con precedenti denunce a carico, è stato arrestato dai carabinieri per aver rapinato due studenti 18enni, anch’essi residenti nel capoluogo. I due giovani alle ore 23,45, sono stati avvicinati dall’aggressore il quale, mostrando loro un marsupio e inducendoli a ritenere che detenesse un’arma da taglio, li ha costretti a consegnare rispettivamente un orologio e un paio di scarpe, tanto che il malcapitato se ne è dovuto andare scalzo.

Andando ancora a ritroso, quando la Sardegna tornava in zona gialla, un altro caso analogo. Poco dopo la mezzanotte del 20 giugno scorso, dopo aver trascorso una serata nei locali del centro, due giovani stavano per salire a bordo della loro autovettura, parcheggiata vicino al bastione Saint Remy. Proprio in quel momento una Fiat 500, con a bordo tre ragazzi e una ragazza, è transitata a forte velocità rischiando di investire i due ragazzi. Sentite le lamentele dei due, il conducente ha fatto subito retromarcia, è sceso dal mezzo e, aiutato da uno dei suoi amici, ha colpito più volte con calci e pugni uno dei due ragazzi, che è rimasto a terra in stato di shock.

E che dire del rider aggredito dal branco in piazza Yenne, poco dopo che la Nazionale italiana di calcio vincesse le semifinali del campionato europeo contro la Spagna? Spintoni e schiaffi a un lavoratore che passava di lì per fare le sue consegne a domicilio.

Si tratta di alcuni dei tanti episodi di aggressione e violenza che si sono susseguiti nel centro cittadino. Sempre più numerosi, come testimoniano anche i residenti che più volte hanno lamentato la situazione insostenibile durante le “notti di movida” cagliaritane. “Con mia moglie e le mie bambine spesso frequentiamo piazza Garibaldi e purtroppo continuo a constatare la totale assenza di forze dell’ordine che, con la loro presenza fungono da deterrente per questi gruppi o bande di ragazzini”, raccontava un residente di Cagliari il 20 agosto scorso.

Un’escalation che si è andata via via intensificando, in concomitanza con l’allentamento delle restrizioni anti-Covid. I protagonisti, nella maggior parte dei casi, sono giovani poco più che ventenni, che con la scusa di volersi svagare dopo due anni di pandemia, si sfogano violentemente contro i primi che si trovano di fronte. Un evidente segnale di disagio, sociale e culturale. Chi è passato per le strade del centro l’estate scorsa lo sa bene. Gruppi di giovani ragazzi e ragazze, già dal primo pomeriggio, versavano tra le vie del centro con bottiglie di alcolici in mano, poco lucidi e con atteggiamento aggressivo.

Senza generalizzazioni, perché tanti altri giovani invece scelgono di passare una serata in compagnia nel rispetto delle più elementari basi di civiltà e convivenza, il problema è ormai sotto gli occhi di tutti.

Dove si trova la soluzione? Bastano i controlli delle forze dell’ordine che operano costantemente, tutti i weekend, all’ingresso di via Manno e nelle zone adiacenti? Bisogna inasprire ulteriormente le pene per far capire il rispetto delle regole? Basta un regolamento sulla sicurezza? Evidentemente, dopo quel che è accaduto ieri sera, la risposta è no. Non basta. Serve qualcosa di più forte, serve cultura. Bisogna investire sulla formazione a partire dai più piccoli, sul concetto stesso di comunità, di vivere in gruppo, di un ritorno al socializzare fuori dai social. Servono le famiglie, gli insegnanti, i vicini di casa, gli amici, i compagni di scuola. Serviamo tutti, insieme.

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