di Paolo Littarru

Sabato 5 febbraio scorso, all’imbrunire di una fredda e nuvolosa sera d’inverno, presso il magnifico tempio di Antas a Fluminimaggiore ho avuto il privilegio e la gioia di assistere, con qualche decina di coraggiosi, alla conferma (abbagliante!) di un’intuizione scientifica dello studioso di archeoastronomia Mauro Peppino Zedda1 i cui sviluppi paiono ancora pienamente da indagare: l’orientamento del tempio e della necropoli con la costellazione di Orione, che sorge in inverno poco dopo il tramonto.
Ma andiamo con ordine.

Dopo venticinque anni di studi sul pensiero astronomico dei popoli prenuragici e nuragici congelato nelle loro costruzioni, nel suo libro edito nel 2019 “Nel segno di Orione – da Sid (Osiride) al Sardus Pater – gli atlanti di Monte Prama” , Mauro Peppino Zedda, disvelava gli esiti della nuova, interessante scoperta.
Lo studioso isilese partiva dall’osservazione che la necropoli edil tempio di Antas a Fluminimaggiore e quella di Monti Prama a Cabras (da cui provengono i celebri “Giganti”), culturalmente affini, presentano una analoga disposizione delle tombe, dettaglio questo che non sfuggì a diversi archeologi che non ne approfondirono le conseguenze e non colsero l’importanza.

La direzione verso cui sono rivolte le statue dei cosiddetti Giganti (e il volto degli inumati nelle due necropoli), infatti, guarda verso il sorgere del sole quaranta giorni dopo l’equinozio d’autunno (o prima dell’equinozio di primavera) che corrisponde al punto di levata della costellazione di Orione nell’epoca presunta di costruzione dei siti.

Contrariamente agli orientamenti astronomici dei nuraghi, su cui non esistono attestazioni scritte, stavolta l’epigrafia è venuta in soccorso dell’archeoastronomia, supportando l’intuizione di Mauro Zedda, che peraltro trova corrispondenza con gli altri templi fenicio punici rilevati da lui e da altri studiosi
Qualche decennio fa, infatti, il prestigioso orientalista belga Edward Lipinski, docente all’università di Lovanio, interpretò il nome della divinità Adon Sid Addir B’by, a cui era dedicato il tempio punico preesistente a quello romano, proponendo che Sid fosse la versione fenicia di Osiride, divinità da sempre e classicamente associata alla magnifica costellazione di Orione.

Di più: l’autorevole orientalista Federico Mazza, direttore dell’’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr nonché direttore del periodico ‘Rivista di studi fenici’, da tempo aveva proposto che B’by fosse il babi egizio (ovvero il protettore, con sembianze da babbuino, della barca solare). La convergenza di orientamenti delle due necropoli e la convergenza di senso astronomico, sia per

quanto emerge topograficamente sia per via linguistica, a seguito degli studi del contadino di Isili, parrebbe quindi evidente.

Lo stesso Mazza, in una corrispondenza con Zedda, esprimeva piacere nel constatare come una sua antica proposta circa l’appellativo B’by riferito al dio Sid abbia potuto trovare ulteriore luce e una rinnovata prospettiva nella originale rilettura del rapporto Sid/Osiride/Orione – Sardus Pater.

La convergenza di orientamenti delle due necropoli e la convergenza di senso astronomico, sia per quanto emerge topograficamente sia per via linguistica pareva quindi evidente. E’ peraltro generalmente e ampiamente noto che il sito di Antas abbia restituito cuspicue quantità di materiali di ambito egizio.
Fin qui la letteratura; torniamo al tempio di Antas ed al tramonto del freddo sabato 5 febbraio.

La verifica sul campo di una scoperta acheo astronomica è sempre emozionante e spesso abbagliante, ma stavolta forse lo è stato in modo particolare come solo le grandi intuizioni scientifiche sanno esserlo.

Con una trentina di coraggiosi e con la brillante guida dell’astrofisica Barbara Leo (presidentessa dell’associazione Orbitando) e di Sabrina Spagnuolo (presidente Coop. Start Uno – Tempio di Antas) , abbiamo atteso l’imbrunire tra le raffiche del maestrale, e con poche speranze di osservare le stelle a causa del cielo quasi completamente coperto. L’astrofisica ha dovuto impegnarsi non poco per far immaginare ai coraggiosi partecipanti la meraviglia della volta stellata e del cacciatore celeste, Orione, in particolare. Ma dopo un’ora circa dal tramonto, la curiosità dei presenti è stata appagata: Orione e la sua cintura, sorti da qualche ora, si sono manifestati quasi in asse col monumento di Antas, come previsto da Zedda. “ Quasi e non perfettamente in asse perché la costellazione di Orione ha risentito del fenomeno noto come precessione

degli equinozi e non si trova quindi, esattamente dove si trovava al momento della costruzione del tempio. Ma questo è un fatto tecnico.

Resta la bellezza mozzafiato di Orione che ha fatto capolino tra le nuvole attorno alle 19 in asse col tempio . Uno spettacolo mozzafiato e un’intuizione scientifica ancora da approfondire.

Un orientamento affascinante, meraviglioso, e misterioso, quello del tempio di Antas; nel segno di Orione.

(La costellazione di Orione dietro il tempio di Antas la sera del 05.02.2022. Foto gentilmente concessa da Ilaria Macchia)

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