Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, i cittadini hanno iniziato a prendere d’assalto i supermercati per accaparrarsi scorte di prodotti alimentari. Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti, è stato intervistato dal quotidiano Fanpage per capire quali prodotti potrebbero mancare nei prossimi mesi.

Intanto bisogna sottolineare che la paura è assolutamente ingiustificata: al momento non c’è alcuna una carenza dei prodotti come olio di girasole, farina di frumento tenero e zucchero che vengono principalmente importati dall’Ucraina.

Frumento tenero italiani, pane, biscotti, grissini, dolci, sono per metà destinati all’esportazione. Quindi produciamo più di quello che consumiamo. Per il frumento duro, spiega Fanpage, abbiamo una produzione nazionale che copre circa il 45 per cento, e quindi circa il 55 per cento è prodotto di importazione. Problemi potrebbero nascere per il mais, legato alla filiera zootecnica, per cui circa il 50 per cento del prodotto destinato all’alimentazione animale è di importazione, e per la soia, destinata anch’essa all’alimentazione animale, dove più del 60-70 per cento è di provenienza estera.

Sul latte siamo autosufficienti per l’86 per cento, mentre per le uova siamo autosufficienti. Il prezzo dei cereali invece è cresciuto prima della guerra, perché la Cina stava facendo accaparramento di scorte, e questo ha generato delle tensioni sui mercati internazionali. Per questo bisogna lavorare sull’ottimizzazione della produzione interna: per esempio, dice Coldiretti, la proliferazione di cavallette dello scorso anno in Sardegna è figlia della non coltivazione dei terreni, perché non sufficientemente remunerativi: le cavallette che avevano deposto le loro ovature nel terreno sono riuscite così a riprodursi perché appunto il terreno non era coltivato.

Come si può invertire la tendenza? Con i contratti di filiera, dice Coldiretti a Fanpage, che sono uno strumento previsto dalla nostra legislazione, in modo che ci sia una programmazione e un prezzo che viene concordato prima. E poi bisogna programmare un aumento delle superfici, recuperando quelle che nel corso degli anni sono state abbandonate per motivi economici.

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